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Pd, Emiliano-choc dal palco: "Affidai Decaro alla sorella del boss"

Tommaso Montesano
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Sul palco di piazza del Ferrarese, Michele Emiliano è stato accanto ad Antonio Decaro. Del resto l’attuale sindaco di Bari - al centro dello scontro politico dopo la costituzione, da parte del ministero dell’Interno, della “commissione di accesso” per verificare l’eventuale infiltrazione della criminalità organizzata nell’amministrazione comunale- ha mosso i primi passi in politica nel 2004 proprio con il suo predecessore. 

È stato Emiliano, infatti, a nominare Decaro suo assessore alla mobilità e al traffico nella prima giunta comunale, in qualità di tecnico esterno. E ieri Emiliano, che ora è presidente della Regione, ha ricordato i successi nella lotta alla mafia della sua amministrazione e, quindi, anche di Decaro. Il governatore lo ha fatto ripercorrendo l’impegno di Decaro per istituire una zona a traffico limitato, una Ztl, a Bari vecchia, allora sotto il controllo del boss Antonio Capriati.

Una mossa non gradita al clan, al punto che Emiliano ha ricordato come Decaro - «bianco come un cencio» - un giorno si fosse presentato nel suo ufficio rivelando di essere stato minacciato in piazza San Pietro (a Bari vecchia, ndr) con una pistola dietro la schiena - o un dito «non si è mai saputo»- durante i sopralluoghi. A quel punto – ecco il piatto forte dell’aneddoto – l’allora sindaco di Bari rompe gli indugi: «Lo presi (Decaro, ndr); in due andammo a casa della sorella di Antonio Capriati, che era il boss di quel quartiere, e andai a dirle: “Questo ingegnere è assessore mio e deve lavorare perché c’è il pericolo che qui i bambini possano essere investiti dalle macchine. Quindi, se ha bisogno di bere, se ha bisogno di assistenza, te lo affido”». Amarcord che poi si conclude, sempre dal palco, ricordando come «pochi mesi dopo andammo a confiscare tutte le case dei Capriati in piazza San Pietro».

 

La confessione della visita a casa della sorella del boss da parte del suo Emiliano-Decaro, però, non passa inosservata dalle parti del centrodestra (e non solo), da giorni schierato a difesa del Viminale perla scelta di inviare una commissione ispettiva nel capoluogo. «Parole sconcertanti di Emiliano. Se i boss minacciano si va in procura, non a casa loro», attacca Maurizio Gasparri, capogruppo di Forza Italia al Senato. Rita dalla Chiesa, su X, è incredula: «Scusate, non posso crederci. Ma davvero sono state pronunciate queste parole? Da Emiliano, un magistrato» (prima di entrare in politica, il governatore è stato sostituto procuratore nella Dda). Mauro D’Attis, vicepresidente della commissione antimafia (FI), ricorda che in un caso analogo, nella Brindisi di Domenico Mennitti, un suo collega assessore «avvisò il procuratore. Non ricordo che andò a trovare i parenti di quel tizio».

Pino Bicchielli, a nome di Noi Moderati, annuncia che chiederà l’audizione di Emiliano e Decaro in commissione antimafia (richiesta alla quale si unisce la Lega): «Frasi sconcertanti perché descrivono un contesto culturale e socio-politico inquinato». Per Tommaso Foti, capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio, definisce «atroce» le rivelazioni di Emiliano: «Da “la mafia ha paura” a “affidarsi alla mafia” è un attimo». Senza parole anche Carlo Calenda, che su X posta il video e commenta così: «Ma io... ma come si fa». Incalzato, Emiliano replica in serata: «La mia frase è stata fraintesa. Andai dalla sorella del boss, che avevo arrestato io, per farle capire che le cose erano cambiate».

 

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