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Elly Schlein, il "panino" indigesto scatena la rivolta delle donne-Pd

 Elly Schlein

Elisa Calessi
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Non c’è gran voglia di scherzare, dalle parti del Pd, nonostante il pesce di aprile e lo scherzo sulle dimissioni (finte) della ministra Daniela Santanché, rilanciata dai social dem. Non c’è perché il dossier candidature per le elezioni europee si sta rivelando più complicato del previsto. È vero che la vigilia delle liste, di qualunque elezione si tratti, è sempre motivo di attriti, lotte, malumori. Ed Elly Schlein, molto meno sprovveduta di quel che si pensi o di quel che lei stessa fa sembrare, lo aveva messo in conto. Ogni scelta, lo sapeva, ha un prezzo. Ma era pronta a pagarlo: «Sono stata scelta per allargare il consenso del Pd, per aprire il partito ad altri mondi, non posso tradire questa missione proprio alla prima prova elettorale», è stato il ragionamento che l’ha guidata fin dal primo momento in cui ha messo la testa sul problema delle liste per le Europee.

Non si aspettava, però, tante critiche. Soprattutto, non si aspettava attacchi così trasversali: dalle donne dem perché lo schema del “panino” (capolista civica, dirigente maschio, segretaria, altro maschio, una donna) rende l’elezione di una donna difficilissima, dagli europarlamentari uscenti perché lo schema di cui sopra li fa scivolare dal quarto posto in giù, cioè in posizione marginale, difficilmente eleggibile, dai riformisti perché le candidature a capolista di alcuni “civici” contraddicono la linea atlantica sulla politica internazionale fin qui faticosamente tenuta del Pd, in particolare per quanto riguarda la guerra Ucraina e in Medio Oriente (Cecilia Strada e Marco Tarquinio), dalla sinistra dem perché il “panino” rende difficilissima l’elezione di uno dei loro, dai sostenitori dei diritti Lgbtq (Alessandro Zan in primis, che peraltro dovrebbe candidarsi) perché alcune scelte (Tarquinio) vanno in direzione diametralmente opposta, da quelli del cerchio stretto di Schlein perché alcuni di loro si aspettavano di guidare le liste o di essere in posizione alta (Marta Bonafoni, Sandro Ruotolo) mentre rischiano anche loro di scivolare in posizione ineleggibile. Si fa prima a dire chi è contento.

 

 

 

Poi, nel malcontento generale e trasversale, c’è chi negli ultimi giorni ha fatto sentire più forte la sua voce. In cima alla lista c’è Pina Picierno, vicepresidente del Parlamento europeo, eurodeputata uscente, la cui situazione rischia di diventare un problema per la segreteria dem. L’altro giorno, a Repubblica, ha espresso senza mezzi termini il suo scontento: «Non posso accettare», ha detto, «che siano marginalizzate le dirigenti del Pd e più in generale gli europarlamentari dem uscenti. Il “panino” si mangia al bar. Si può accettare di non essere candidati, non si può pretendere che si accettino formule vuote». E ancora: «Il Pd ha sempre accolto indipendenti nelle sue liste, ma è una anomalia sostituire il gruppo dirigente con esterni scelti come capolista».

L’altro caso, ancora non risolto, è quello della possibile candidatura di Tarquinio. Che è riuscito, nell’ordine, a far arrabbiare: gli atlantisti, i fautori dei diritti civili, e persino i cattolici al loro interno, divisi tra quanti ritengono prioritaria la fedeltà all’alleanza atlantica e dunque ritengono le posizioni espresse più volte dall’ex direttore di Avvenire ambigue o non condivisibili (Lorenzo Guerini) e quanti (Graziano Delrio) lo difendono perché ritengono giusto porre, davanti a tutto, la necessità della ricerca di una via diplomatica. Come se non bastasse, nelle ultime ore, è spuntato un altro problema: la possibile candidatura di Ignazio Marino, ex parlamentare del Pd, ex sindaco di Roma. Non con il Pd, ma con Avs. Il che, per il Pd, sarebbe un ulteriore schiaffo.

 

 

 

Ultima questione, la candidatura di Elly Schlein. La segretaria ha deciso di candidarsi, anche perché tutti i sondaggi confermano che sarebbe un traino per il Pd. Con lei in lista, il Pd crescerebbe di almeno due punti. Ma va deciso dove: prima, terza, solo in alcune circoscrizioni, dappertutto? L’altra questione da definire è il confronto tra Giorgia Meloni ed Elly Schlein, che entrambe vogliono fare. Ma va deciso dove farlo, come, quando e con che modalità. Di sicuro va fatto prima che scatti la par condicio, se no sarebbe impossibile. Gli staff delle due leader sono in contatto da settimane per mettere a punto i dettagli. Mercoledì la commissione di Vigilanza Rai sentirà l’Agcom per la proposta di regolamento della par condicio che dovrebbe entrare in vigore dal 9 aprile. Quindi, se si vuole farlo, deve andare in onda prima. Questa settimana, intanto, Porta a Porta farà un antipasto dei confronti tra leader. In attesa della par condicio, Bruno Vespa ospiterà, nel suo salotto, su Ra1, prima Giuseppe Conte (martedì), poi Schlein (mercoledì), quindi Meloni (giovedì).

 

 

 

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