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Sciopero Rai, lo schiaffo di Chiocci al soviet: Tg1, anche la strordinaria

Alessandro Gonzato
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Lo sciopero, per la prima volta nella storia della Rai, è miseramente fallito: Tg1 e Tg2 al mattino e all’ora di pranzo in onda regolarmente (hanno aderito meno della metà dei giornalisti), programmi di approfondimento assicurati, come le rubriche di Rainews24, il Televideo, e anche RaiSport ha lavorato senza troppi affanni.

La sinistra, disarmata e disarmante, si è attaccata al Ghali. Inteso come il rapper, il filo-palestinese Ghali Amdouni, il quale su Instagram nel giorno del flop dell’agitazione del sindacato “rosso” della Rai ha pubblicato un video in cui canta: «Puoi dirmi quello che vuoi, non farò come la Rai». Ghali, dal palco di Sanremo, aveva gridato al «genocidio», ed è diventato l’idolo degli anti-israeliani.

Ghali, per il Pd, è uno dei principali antagonisti «delle destre» e di «Tele-Meloni». Entriamo nel dettaglio dello sciopero dell’Usigrai contro il centrodestra, ufficialmente indetto per questioni sindacali, ed è da un dettaglio – si fa per dire – che partiamo.

 

VETI STALINISTI 
Palermo, muoiono sul lavoro cinque operai: non fosse stato per i giornalisti che non aderiscono al sindacato “rosso”, durante il giorno non ci sarebbe stato nemmeno un servizio, sul servizio pubblico. Il Tg1 (che poi alle 20 è andato perfino in onda in modo completo) ha realizzato un’edizione straordinaria grazie alla presenza di una giornalista Unirai, l’associazione nata lo scorso novembre i cui iscritti non si riconoscono nelle rimostranze dell’Usigrai, storico “Soviet” dell’informazione. La redazione del Tg2, per informare sulla tragedia nell’edizione delle 20.30, ha dovuto battagliare: voleva appoggiarsi ai colleghi della redazione siciliana della TgR, ma durante la riunione un componente del comitato di redazione del Tg2 ha fatto il diavolo a quattro: «Non ve lo permettiamo! È un comportamento anti-sindacale». Il tentativo di boicottaggio, fallito, si basava su un tecnicismo: il settore “cronaca” del Tg2 ha aderito allo sciopero (mentre tutti gli altri settori hanno lavorato regolarmente), e la redazione – secondo il contestatore – non poteva “scavalcare” il settore cronaca rivolgendosi direttamente ai colleghi siciliani. «Siamo allo stalinismo!», si è sfogato con Libero un cronista. Alla fine il supporto dei colleghi siciliani c’è stato.

Cinque morti sul lavoro e la sinistra non interrompe lo sciopero. E dire che i politici di sinistra, giustamente, sono sempre attenti agli incidenti sul lavoro, e la settimana scorsa in occasione del primo maggio in tanti hanno addossato coraggiosamente la colpa di queste sciagure all’attuale governo, o così hanno fatto intendere. Tra loro, immancabile, la Schlein, che ieri ne ha detta un’altra: «Dopo le notizie false, le campagne denigratorie sugli avversari e le censure, Tele-Meloni nega anche il diritto allo sciopero con la complicità dei vertici aziendali su precisi input politici. La Rai», ha proseguito la dem, «non è più un servizio pubblico, è megafono del governo. Solidarietà ai giornalisti Rai in sciopero». Solidarietà alla Schlein, hanno ironizzato alcuni parlamentari anche di centrosinistra, che ancora una volta non hanno capito il senso delle dichiarazioni di Elly: «Ma che diritto avrebbe negato il governo?», riferisce a Libero una parlamentare del Pd. Lo sciopero è riuscito solo al Tg3 (testata notoriamente orientata a sinistra) e nelle sedi regionali, però con due eccezioni, in Puglia e in Molise. Anche alcuni giornalisti delle TgR Lazio, Campania, Sicilia e Abruzzo hanno lavorato.

 

Il flop è conclamato, eppure – con comicità presumiamo involontaria – per il “Verde” Angelo Bonelli si è trattato di «uno dei più grandi scioperi nella storia del servizio radiotelevisivo». Il baffone di Sandro Ruotolo, capo della comunicazione del Pd, ha rilanciato: «Siamo il Paese che ha censurato il monologo sul 25 aprile (di Antonio Scurati, ndr). Questa è la destra che governa il Paese. Vogliono riscrivere la Costituzione quelli che non hanno firmato la Costituzione perché sono l’espressione della fiamma tricolore», ha detto proprio così.

LA CAPORETTO
Il segretario dell’Usigrai, Daniele Macheda, di fronte alla Caporetto ha provato a buttarla in corner: «Verificheremo se ci sono state violazioni nel diritto di sciopero. Vedremo che prodotto riusciranno a fare, se si accontenteranno di tg monchi o sommari che non risponderanno a criteri giornalistici».

L’Unirai ha risposto: «Accettino il pluralismo». Nella sede della stampa estera, assieme all’Usigrai e a Vittorio Di Trapani, presidente della Federazione Nazionale della Stampa, c’era Sigfrido Ranucci: «Nell’ultimo anno la situazione in Rai è peggiorata». Dicevamo del telegiornale della Puglia, andato regolarmente in onda. L’Usigrai non si dà pace: «È un fatto grave e senza precedenti. Il tg è andato in onda nonostante la stragrande maggioranza dei colleghi abbia aderito allo sciopero». Per il “Soviet” dell’informazione non c’è il diritto a lavorare. Però che figuraccia, Tovarishch.

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