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Antonio Scurati, 25 insulti contro Toti in un solo articolo: "Satrapo satollo e ignobile"

Andrea Muzzolon
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"Ciò che è accaduto è una violenza. Giorgia Meloni ha usato espressioni molto denigratorie, cercando di screditarmi". Questo, neanche a dirlo, era Antonio Scurati la sera del 28 aprile, quella del piagnisteo recitato in diretta da Fabio Fazio a Che tempo che fa. Ecco, teniamo ben a mente il concetto di violenza. Secondo Scurati, il post con cui Giorgia Meloni era intervenuta sul suo mancato monologo a Rai Tre era stata una grave forma di violenza in virtù della sua posizione di premier, in grado di rivolgersi a un pubblico molto ampio. Stesso ragionamento veniva fatto contro Libero per un nostro titolo - "L'uomo di M." - in cui evidentemente citavamo la sua opera.

Ebbene, lo scrittore di M. non ci ha messo nulla a infarcire di insulti un suo scritto contro Giovanni Toti, pubblicato sulle pagine di Repubblica. Vien da pensare quindi che la scusa del grande pubblico valga solo quando qualcuno se la prende con lui. Oppure Scurati pensa che Repubblica non la legga nessuno. Lasciamo la questione in sospeso.

 

 

Ma veniamo al suo articolo. Per conoscenza, riportiamo solo alcuni dei 25 insulti in appena 3500 battute. "Squallida vicenda di corruzione" la definisce: della serie, i processi cosa li facciamo a fare? Tanto c'è Scurati a sparare sentenze nel giro di due giorni: Giovanni Toti è già colpevole e senza appello. "Una storia fosca, sozza, che narra di infedeli servitori dello Stato"... evviva il garantismo. "Politico corrotto stravaccato come un satrapo satollo e ignobile sullo yacht del corruttore", il soggetto è sempre il governatore. E ancora, riferendosi agli imprenditori coinvolti: "Palazzinari osceni, i tragici costruttori di ponti crollati, i saccheggiatori". Alla faccia della violenza di Giorgia Meloni che aveva solo esposto i fatti, senza insultare nessuno. Ma a Scurati tutto è concesso. Lui è un martire della libertà.

Cercando fra gli insulti, nel suo articolo ci sono anche alcuni spunti divertenti. Parlando della Liguria, Scurati fa riferimento all'estinzione dei "poveri pescatori-contadini". Colpa dello sviluppo del territorio. Colpa degli hotel. Colpa di chi ha fatto della regione un polo turistico d'eccellenza in Italia. Del resto, immaginiamo quanto i liguri vorrebbero tornare a vendere il pesce sul carretto piuttosto che gestire attività balneari, hotel, ristoranti e locali di successo.

Ma la parte migliore è la chiosa finale: "La Liguria è in vendita da troppo tempo. E la Liguria siamo noi, siamo tutti noi". Ma noi chi? In vendita? In questo suo slancio epico, quasi a chiusura di un comizio elettorale sul palco della Cgil, Scurati ci ricorda il mantra della sinistra: mantenere lo status quo, ripudiare lo sviluppo, gli investimenti, il benessere dei cittadini. La Liguria è Scurati? Anche no, grazie. 

 

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