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Elly Schlein prepara l'ammucchiata alla francese

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Daniele Capezzone
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Ma alla fine della fiera che cosa sta facendo davvero Elly Schlein? Qual è il suo reale progetto politico? E naturalmente dal suo punto di vista e rispetto ai suoi obiettivi - sta lavorando bene o sta combinando danni? Che cosa stia facendo è fin troppo chiaro. Non sta costruendo un’alleanza alternativa che punti a rappresentare una coerente e credibile controproposta di governo. Dai, non si tratta di essere prevenuti: se uno si mette su un palco in mezzo a residuati putinisti e vecchi arnesi di Rifondazione comunista, è evidente che non stia puntando a una prospettiva construens. La foto-horror del palco di Bologna, con l’officiante Anpi Pagliarulo in mezzo a un caravanserraglio di leader e sottoleader abituati a dire tutto e il contrario di tutto, testimonia plasticamente proprio questo. 

A Schlein non interessa che la sua coalizione delinei una posizione unitaria e seria sull’Ucraina, sul Medio Oriente, sulle tasse, sulla giustizia, sul welfare, sulle grandi opere, sui rifiuti. Anzi: sa perfettamente che, se per caso in quell’arca di Noè si aprisse una discussione nel merito su quei punti, si scatenerebbe un’autentica faida tra le varie belve (e belvette). E allora a cosa punta? Elementare, Watson. Mira a costruire un enorme “comitato per il No”. No all’autonomia (ci verremo: è il primo appuntamento anche in ordine cronologico), poi No al premierato, e in ultima analisi No a Meloni. Questo è il punto reale di approdo: nessuna costruzione programmatica in positivo, nessuna sfida dei riformisti contro i massimalisti, ma una confusa ammucchiata “contro le destre” (anzi, contro la “destra-destra”, copyright Lilli Gruber).

 

IL PRIMO PASSO
Il referendum contro l’autonomia è il primo passo di questa operazione tutta in chiave distruttiva. Non conta che la sinistra abbia per anni tenuto una posizione favorevole all’autonomia stessa: del resto, nell’ottica che abbiamo descritto, il merito delle questioni è del tutto indifferente. Ciò che Elly vuole è una contrapposizione assoluta-frontale-totale. E così partirà la raccolta delle 500mila firme necessarie entro il 30 settembre per avviare la macchina referendaria. Ma – per stare al sicuro e senza nemmeno dover sudare troppo ai banchetti estivi – verrà percorsa anche l’altra strada per arrivare alla tenuta del referendum nella primavera del 2025 (sempre ammesso che, a gennaio 2025, la Corte Costituzionale dia l’ok al quesito: e, in termini di giurisprudenza della Consulta, ci sarebbero validi motivi per bocciarlo): e cioè la sinistra si attiverà affinché il referendum sia comunque promosso da cinque consigli regionali, cosa che renderebbe superflua la raccolta delle sottoscrizioni popolari.

Guarda caso, il Pd comanda proprio in cinque regioni, e ieri Schlein ha patrocinato la presentazione di mozioni pro referendum esattamente in quei consigli regionali: Campania, Puglia, Toscana, Sardegna e Emilia Romagna. Anche qui c’è un altro curioso testacoda di Elly: la sua elezione era avvenuta anche in polemica con i cosiddetti “cacicchi”, ma adesso è proprio a quei poteri locali che la segretaria si affida per preparare la partita che ritiene decisiva.

 

IL SOLITO COLLANTE
E allora – tirando le somme – come sta lavorando la segretaria del Pd? Allo stesso tempo, malissimo e benissimo, dal suo punto di vista. Malissimo: perché è politicamente irresponsabile allestire un’armata Brancaleone eterogenea, divisa su tutto, unita solo dal collante dell’anti-melonismo. Un politico lungimirante dovrebbe sempre darsi una prospettiva di governo, anche quando si trova all’opposizione.

Attenzione, però: per altro verso, più cinicamente, si può anche sostenere che invece Schlein stia lavorando benissimo. Se l’obiettivo è solo la contrapposizione rispetto al governo, allora occorre ammettere che il cantiere per allestire la versione italiana del “fronte popolare alla francese” è già avanti con il lavoro: il Conte dimezzato si è praticamente consegnato al Pd, Bonelli e Fratoianni sono pienamente della partita, l’inconsapevole Magi (politicamente assolto per non aver compreso il fatto) sta tutto sorridente in mezzo a tassatori e putinisti, e pure Calenda (che non ha partecipato alla foto di gruppo ma ha rilasciato un’intervista accomodante a Repubblica) è già pronto, senza Renzi, a fare da foglia di fico pseudo -riformista. Pure il calendario elettorale aiuta la sinistra, con i prossimi appuntamenti convocati in Umbria (dove i compagni sperano di riprendersi la regione) e in Emilia-Romagna (dove contano di confermarsi agevolmente).

In questo senso, a destra farebbero bene ad aprire gli occhi. Si fa presto a ridere di Elly e del suo linguaggio incomprensibile (la “visione intersezionale”, la lotta alle discriminazioni “omobilesbotransfobiche”, la “giustizia sociale e climatica”, per citare tre cavalli di battaglia schleiniani). Ma la storia italiana degli ultimi trent’anni insegna che se tu non allarghi il tuo schieramento e il tuo nemico invece lo fa, molto probabilmente riuscirà a batterti, prima o poi. Subito dopo non sarà in grado di governare, per le ragioni che abbiamo visto, ma questa è tutt’altra storia.

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