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I progressisti diventano conservatori al fronte per arginare una destra vitale

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Corrado Ocone
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Uno degli elementi che costituiscono quell’articolato dispositivo teorico con cui i media “indipendenti” cercano di contrastare e delegittimare la destra prevede che si esasperino quanto più possibile le differenti sensibilità in essa presenti. In modo così accentuato da farle apparire come vere e proprie fratture sul punto di esplodere. In questi giorni, tale strategia trova alimento nelle vicende legate alla composizione dei gruppi parlamentari europei. Con passaggi spesso indebiti dalla politica continentale a quella nazionale si ricama su una Giorgia Meloni “furiosa” con Salvini perla probabile adesione della Lega al gruppo dei Patrioti messo su da Orban, su un Tajani in difficoltà con gli altri leader del Ppe per i suoi “impresentabili” alleati italiani, sudi una Meloni “isolata” e sconfitta su tutti i fronti. Quasi come se l’appartenenza a gruppi diversi della destra italiana non fosse stata presente già nello scorso Parlamento, non impedendole fra l’altro di dar vita in casa ad una solida alleanza di governo e in Europa di convergere in assemblea sulle più importanti questioni di fondo.

Come leggere allora la ricomposizione in atto delle forze in campo? Quel che a me pare indubbio è che a destra ci sia un movimento e una vitalità, anche di idee, del tutto estranea alla sinistra. La quale, vittima di una sorta di coazione a ripetere, riesce a compattarsi in improbabili “fronti” solo ancorandosi ad idee del passato. Idee che, come l’antifascismo ideologico, non hanno riscontro nella realtà attuale e, soprattutto, non aiutano a capirla. La stessa ideologia verde, che ha costituito l’asse portante della passata Commissione, pur essendosi presentata come una novità, celava a mala pena quella visione del mondo che era appartenuta ai marxismi classici: una concezione gnostica della politica (il bene da una parte e il male dall’altra); “progressista” della soria (la quale va in un’unica direzione e gli uomini non devono fare altro che assecondarla stando “dalla parte giusta”); “salvifica” della sinistra (come forza che redime il mondo e l’uomo dalla loro costitutiva imperfezione).

È come se questa visione del mondo, antioccidentale per principio, sconfitta dalla storia e causa di non poche tragedie nel “secolo breve”, avesse voluto prendersi, negli ultimi decenni, una rivincita mascherandosi e radicalizzandosi nell’ideologia woke. La quale se non ha completamente soggiogato le nostre coscienze è per la ferma opposizione opposta ad essa da ampie fette di cittadini, i cui sentimenti la destra ha saputo rappresentare a fronte di una sinistra che li etichettava come retrogradi o addirittura deplorables. Certo, non si può dire che la destra politica abbia vinto la battaglia contro il politicamente corretto o contro l’ideologia verde ma, con un’azione capillare e costante, ne ha sicuramente attenuato gli effetti, aprendo fra l’altro delle breccie nello stesso fronte avversario (si pensi solo ai dubbi maturati su questi temi nel Partito popolare europeo, fino a poco tempo fa monoliticamente appiattito sulle posizioni della sinistra).

È stata ed è una battaglia di reazione o nostalgica, reazionaria, quella compiuta dalla destra, così come la fa apparire la sinistra? Lo si può pensare solo se si accetta il campo da gioco predefinito dalla sinistra stessa, quello appunto ove la storia procede in un solo verso e a discapito di ciò che pensa o vuole la massa ignorante da educare e guidare. Ora, è proprio questo campo da gioco che la destra ha messo radicalmente in gioco negli ultimi anni, ne fosse o no consapevole.

In definitiva, i veri conservatori, nel senso etimologico e non politico del termine, sono risultati alla fine i cosiddetti progressisti, fermi al modo di ragionare e alle categorie politiche e culturali novecentesche. Ora che è forte in tutta Europa, la destra non può però limitarsi a contrastare l’ideologia di sinistra. A questa necessaria opposizione essa deve affiancare una proposta politica e una cultura di governo del tutto nuove. La destra è perciò, in questo momento, anche un laboratorio politico in piena attività. Il che ne segna appunta la vitalità e la rende affascinante. Leggere in quest’ottica i movimenti e i ricompattamenti in corso coglie perciò molto della realtà in atto. La destra è, da tutti i punti di vista, in movimento. L’ approdo non è ancora chiaro, ma non c’è da preoccuparsi: maturerà strada facendo, a contatto con una situazione politica internazionale anch’essa in rapida evoluzione. Accade sempre così là dove c’è vita e futuro.

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