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Daria Perrotta? Le nomine vanno bene solo se a farle è la sinistra (sennò è scandalo)

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Forse qualcuno ricorda la grande polemica sollevata un mese fa dalla sinistra. Sembrava che la Cassa depositi e prestiti, controllata all’83% dal ministero dell’Economia, fosse sul punto di ridurre da due quinti a un terzo la presenza nel proprio consiglio di amministrazione del genere meno rappresentato, che di solito è quello femminile. «Approccio misogino e maschilista», «un’autentica vergogna», «la cultura delle pari opportunità barattata per interessi di parte»: i commenti del Partito democratico erano questi.
Ora succede che alla Ragioneria generale dello Stato, organo del ministero di Giancarlo Giorgetti, si dimetta il ragioniere generale Biagio Mazzotta, il quale per molti buoni motivi ha scelto di traslocare sulla poltrona di presidente di Fincantieri, società controllata dalla Cdp. Il suo posto sarà preso con ogni probabilità da Daria Per rotta, capo dell’ufficio legislativo del ministero dell’Economia.
Per chi si riempie la bocca con la «cultura delle pari opportunità», l’empowerment femminile, la gender equality e così via, dovrebbe essere una notizia meravigliosa. È un ruolo di massima responsabilità: nessun disegno di legge, atto del governo o altro provvedimento che abbia impatto sulle entrate o sulle spese può sopravvivere senza la «bollinatura» della Ragioneria, e i ventuno ragionieri generali che l’Italia ha avuto dal 1870 sono stati, manco a dirlo, tutti uomini. Perrotta ha un curriculum importante e il suo arrivo in quella posizione segnerebbe la rottura di un altro tetto di cristallo.
E invece, per il Pd, siamo davanti a un gravissimo strappo istituzionale (...)

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