Ventotene, è partita una rivolta tragicomica: l'ultima sceneggiata di una sinistra in malafede

di Francesco Damatovenerdì 21 marzo 2025
Ventotene, è partita una rivolta tragicomica: l'ultima sceneggiata di una sinistra in malafede
3' di lettura

Nella caricatura che hanno finito per farne, spero involontariamente, i suoi tifosi fra lacrime, invettive, interruzioni di seduta alla Camera e tutto il resto di una sceneggiatura di opposizione abusivamente al singolare, il cosiddetto manifesto di Ventotene per una “Europa libera e forte” del lontano 1941, scritto quando essa era ancora sotto il ferro e il fuoco della seconda guerra mondiale, è diventato un po’ come la corazzata di Potemkin nella letteratura e cinematografia sovietica. Sulla quale si rovesciò a suo tempo la “cagata pazzesca” di Paolo Villaggio nei panni di Ugo Fantozzi, scampati miracolosamente l’uno e l’altro al linciaggio tentato adesso contro la premier Giorgia Meloni. Che si è permessa di non riconoscersi, o almeno non del tutto, nell’Europa a democrazia sospesa, e collettivistica, sognata da Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi. Ma anche da Eugenio Colorni.

Dalla rivolta tragicomica contro la Meloni, sulla quale è stato subito sparso da qualche giornale anche “il gelo” del presidente della Repubblica al Quirinale, nel solito incontro conviviale prima dei vertici europei, si è fatto travolgere, o quasi, questa volta anche il buon Pier Ferdinando Casini dal Senato. Dove è ospite, con i suoi elettori personali di Bologna e dintorni, del Pd prima di Matteo Renzi, poi di Enrico Letta e ora di Elly Schlein, che da segretari del Nazareno hanno steso le liste dei candidati dove il mio amico Pierferdy ha potuto maturare quello che credo si possa ormai considerare il suo primato di longevità parlamentare. Neppure Casini, un moderato doc come un democristiano senza più la Dc, ha voluto perdonare alla premier Meloni dalle colonne del Corriere della Sera le distanze prese da Spinelli e amici, o compagni.

Roberto Benigni ha già scalzato Elly Schlein

"Elly, scansati: facci vedere Benigni”. I compagni non lo ammetteranno mai in modo così ruvido e bruta...

Mi consola solo l’idea, sulla quale scommetto conoscendolo bene, che non si lascerà neppure tentare dalla curiosità di cercare e magari trovare anche lui in qualche anfratto preistorico del Colle Oppio, a Roma, davanti al Colosseo, la sede fisica e morale di un assalto fascistoide al manifesto di Ventotene. Che è stato stampato, distribuito e sventolato per la manifestazione di sabato scorso, sempre a Roma, in Piazza del Popolo, sotto la terrazza del Pincio. Pierferdy non ha avuto bisogno di leggere ieri sul Foglio il comune amico Giuliano Ferrara per ricordarsi del saggio critico sul manifesto di Ventotene scritto da uno storico non certo di strapazzo come Ernesto Galli della Loggia. Che credo, modestamente, sia stata anche la fonte informativa e culturale della premier parlando appunto di quel manifesto alla Camera. E non lasciandosi intimidire o zittire dagli avversari.

C’è in questa pratica delle opposizioni, anche in questo passaggio della storia italiana, di unirsi solo nell’aggressione verbale al nemico di turno, uomo o donna che sia, anziano o giovane, celibe o coniugato, separato o convivente, qualcosa non so sedi più comico o tragico. Sono abbastanza anziano per ricordarmi ancora dei “calci in culo” con i quali il pur forbito Palmiro Togliatti nel 1948 si proponeva di “cacciare” Alcide De Gasperi, forse anche per questo sulla strada della Beatificazione, dalla guida del governo. Che allora aveva ancora sede al Viminale, come anche il Ministero dell’Interno. Il colpo a Togliatti non riuscì perle “piazze piene e urne vuote” lamentate da Pietro Nenni in edizione sfortunatamente frontista.

E credo che non riuscirà, questa volta contro Meloni, neppure alle opposizioni attuali quando si tornerà a votare per il rinnovo, ordinario o anticipato che dovesse essere, delle Camere. L’elettore, per fortuna, è generalmente meno sprovveduto, meno avventato, meno distratto di quanto non credano gli esagitati della politica. E persino gli avventurieri. Se ne accorsero una trentina d’anni fa persino i magistrati che erano riusciti a ghigliottinare la cosiddetta prima Repubblica. E furono poi chiamati da Francesco Saverio Borrelli a “resistere, resistere, resistere” -tre volte- all’inatteso, imprevisto e imprevedibile Silvio Berlusconi.

PiazzaPulita, Michele Serra dà della fascista a Meloni: "Preoccupante, ma scontato"

Delle critiche di Giorgia Meloni al Manifesto di Ventotene e dell'impazzimento della sinistra, soccorsa a tempo reco...

ti potrebbero interessare

altri articoli di Politica

La Chiesa perde fondi? Il governo ha una proposta

Una nuova legge sull’Otto per mille alla Chiesa. È una possibilità che il governo ha già prop...
Fausto Carioti