Cinema, flop italiani al botteghino? Ma la sinistra frigna per i tagli agli sprechi

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di Daniele Priorivenerdì 9 maggio 2025
Cinema, flop italiani al botteghino? Ma la sinistra frigna per i tagli agli sprechi
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I film italiani sono semplicemente troppi (e spesso di scarsa qualità) ma la crisi non morde affatto più degli anni precedenti, anzi. C’è poco da invocare il ministro dell’Economia, Giorgetti come ha fatto il regista Pupi Avati dal palco dei David di Donatello dopo aver ricevuto il premio alla carriera. Bisognerebbe invece provare a fare, semmai, una vera rivoluzione copernicana: tornare cioè a puntare sempre di più sulla qualità anziché solo su una quantità che in molti casi (come denunciato da più addetti ai lavori nel corso degli anni) corrisponde esclusivamente alla presunzione di chi, senza troppi meriti, si mette dietro o davanti a una macchina da presa. Basta dare un’occhiata ai numeri per capire il senso del problema.

I film che sono usciti al cinema in Italia sono passati da 355 nel 2009 a 736 nel 2023. Di questi ben 348 erano di marca italiana, dato che nel 2024 è anche aumentato, salendo a 431. Nessuna aumento, però, si è sentito al botteghino. Secondo i dati Cinetel, infatti, l’incasso totale del cinema italiano (incluse le co-produzioni) durante l’anno 2024 è stato di 121 milioni 404.986 euro (24,6% del totale box office, meno di un quarto, +0,6% rispetto al 2023) per un numero di presenze pari a 17.889.182 spetttori (il 25,7% del numero totale dei biglietti venduti, in calo del 2,2% rispetto al 2023).

Non sono dunque solo i costi, comunque ammortizzati dai benefit del governo anche dopo la riforma del tax credit (ingiustamente contestata da produttori e attori nostrani) né il taglio dei prezzi dei biglietti a poter cambiare le sorti segnate della gran parte dei lungometraggi prodotti nel nostro Paese che, tuttavia, a fronte delle eccessive lamentele di un mondo, quello del cinema, da sempre troppo ideologizzato e autoreferenziale, almeno per quel che riguarda il box office dell’anno in corso non può sbuffare più di tanto.

I pochi film andati veramente bene nel primo trimestre 2025, infatti, possono far tirare un sospiro di sollievo alle produzioni. In particolare, tra gennaio e marzo il box office italiano ha totalizzato oltre 50 milioni di euro, superando al primo posto quello dei film Usa nelle sale del nostro Paese. Dato in controtendenza rispetto alle annate appena precedenti quando ancora erano proprio i film americani a fare la parte del leone.

In termini di presenze, si contano circa 7 milioni di ingressi per i film italiani, contro i 5 milioni delle produzioni americane. A far pensare, semmai, all’indomani della solitamente ampollosa cerimonia di Cinecittà devono essere altri numeri. Come quelli di molte pellicole, anche pluripremiate, che non riescono a coprire autonomamente nemmeno i costi di produzione. Riluce, in tal senso, proprio Vermiglio che con le sue sette statuette e il suo costo pari a 4.265.736 euro alla prova del botteghino ha incassato poco più della metà, ovvero 2,5 milioni di euro per 400mila spettatori.

Al tempo stesso c’è da star certi che non basterà l’amo lanciato da Avati e prontamente raccolto da Elly Schlein a cambiare le cose. Non sono, infatti, pannicelli caldi dello Stato o proposte di legge come quella strombazzata proprio dalla segretaria Pd a invertire la rotta. Servirà, invece, un coraggio e una autentica selettività da parte del mondo del cinema italiano che, senza penalizzare le speranze dei giovani, vada nella direzione di un aumento della qualità. Una concentrazione di forza su produzioni di massima eccellenza (ci si passi il pleonasmo) che poi - si vedano gli esempi dei film della Cortellesi o di Ozpetek coi suoi “Diamanti” o casi come “Il ragazzo dai pantaloni rosa” - ricevono eccome anche il favore degli spettatori, senza continuare a invocare le solite elemosine pubbliche.