La sinistra non ha ancora digerito che Ignazio La Russa sia presidente del Senato. Non perde occasione per attaccarlo; e pensare che è proprio grazie a una parte determinante di voti dell’opposizione, che hanno rimpiazzato quelli fatti mancare da Silvio Berlusconi, se il dirigente di Fratelli d’Italia è stato eletto seconda carica dello Stato. L’ultimo pretesto è la dichiarazione sui referendum dell’8 e 9 giugno convocati dalla Cgil, rilasciata dal suddetto a Firenze, a un evento di partito sulla cultura. «Come presidente del Senato forse andrò a votare, ma come esponente politico mi impegnerò a favore dell’astensione» ha detto La Russa. Scandalo, orrore, vulnus alla democrazia: da sinistra è partita la solita contraerea, dalle immancabili dimissioni richieste dal leader dei Verdi, Angelo Bonelli agli insulti ad alzo zero del Pd, con Elly Schlein che evoca addirittura un «tradimento del principio costituzionale del diritto-dovere di voto», per poi chiedere al solito «cosa ne pensa Giorgia Meloni?». Quel che pensa La Russa, visto che Fdi non è il Pd, dove il gioco preferito è spararsi addosso...
Aggressività e delazione sono il tratto distintivo di tutti i commenti dell’opposizione sul tema, che vanno da «ignobile» a «inqualificabile», da «antidemocratico» a «eversivo». I consueti toni pacati... Fatto sta che, nel furore cieco dell’attacco, la sinistra sembra dimenticare la realtà, la sua storia e anche la Costituzione. La realtà ci dice che, da decenni, i referendum funzionano così: chi vuol farli passare, va a votare, chi è contrario sta a casa perché, facendo venir meno il quorum del 50% più uno degli aventi diritto, ha più probabilità di far prevalere la propria idea piuttosto che andando al seggio. Non c’è nulla di antidemocratico, è l’evoluzione che l’istituto referendario ha da tempo preso per inerzia, tant’è che anche dal Pd si è più volte detto che è un metodo sorpassato.
"Propaganda per l'astensione": La Russa manda in tilt il Pd
Votare ai referendum di giugno? "Io continuo a dire che ci penso, però di una cosa sono sicuro: farò ...La storia racconta che è stata proprio la sinistra, con il famoso «andate tutti al mare» di Bettino Craxi nel 1991 contro l’abolizione delle preferenze a sdoganare l’astensione come scelta politica al posto del “no”. Ma senza andare così indietro nel tempo, e scomodando il già presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che nel 2016 dichiarò che «si può essere buoni cittadini anche senza votare un referendum» si ricorda che la scelta di restare a casa per far naufragare una consultazione sgradita fu adottata dai dem ripetutamente. Da Matteo Renzi premier, sempre nel 2016, contro il referendum sulle trivelle e prima ancora da Piero Fassino nel 2003, per sabotare i quesiti di Fausto Bertinotti sull’estensione dell’articolo 18, e poi nel 2009, fino a Nicola Fratoianni, in difesa della legge elettorale. Oggi il leader di Avs parla di «atti intimidatori e paura del voto da parte della destra» in merito ai referendum, ma solo i cretini non cambiano idea.
Quello che però è scorretto è lo stravolgimento del ruolo di guida di Senato o Camera che il fronte progressista fa a seconda dei propri interessi. La Russa precisa che, a differenza del presidente della Repubblica, quello di Palazzo Madama «resta iscritto al proprio partito perché l’obbligo di imparzialità è circoscritto solo all’esercizio delle sue funzioni e pertanto sostenere la posizione del proprio gruppo è lecito, quasi doveroso».
In passato c’è chi fece politica, dagli scranni più alti del Parlamento, addirittura contro il proprio schieramento. Gianfranco Fini sfidò il Pdl e arrivò addirittura a fondare un partito, Futuro e Libertà, contro l’alleanza di centrodestra. Bertinotti fece venir meno l’appoggio esterno del suo partito, Rifondazione Comunista, al governo di Romano Prodi, determinandone la caduta. Ma allora a sinistra ebbero da ridire in pochi: nel primo caso perché si sperava che l’ex capo di An affossasse Berlusconi, nel secondo perché la mossa aprì le porte di Palazzo Chigi al primo leader comunista, fortunatamente l’ultimo, Massimo D’Alema. Se si cercano casi nobili e personaggi diventati indiscutibili, vale la pena di ricordare la campagna militante del presidente del Senato, Giovanni Spadolini, contro «il vascello pirata dei referendari» che volevano abolire il proporzionale. L’ex direttore del Corriere della Sera difendeva il suo Partito Repubblicano, ma nessuno lo accuso di farsi gli affari propri da Palazzo Madama.