«Roberta, mettici una buona parola...». Giorgia Meloni lavora per rendere la norme di Bruxelles a misura delle imprese italiane. Gli avversari sono la sinistra e la burocrazia europee, ma con Roberta Metsola, alla quale è legata da un buon rapporto personale e molte idee in comune, intendersi è facile. Dal palco dell’assemblea di Confindustria, la presidente del parlamento Ue ed esponente del Ppe ha detto poco prima che il simbolo delle priorità europee devono essere le «storie di successo» dei lavoratori e delle imprese, «non i tappi attaccati alle bottiglie di plastica». E questo dopo che il presidente degli imprenditori, Emanuele Orsini, ha chiesto «un radicale mutamento» delle politiche Ue. Così, quando la premier prende la parola, trova la strada già aperta. Si riallaccia alla richiesta del leader di Confindustria: «Ha ragione il presidente Orsini quando dice che una tecnologia non si cambia per norma. Solo chi non ha mai messo piede in un capannone poteva pensare di farlo».
Eppure, prosegue, «è esattamente quello che l’Europa ha fatto negli ultimi anni, scegliendo la strada della transizione forzata all’elettrico, le cui filiere sono in larga parte controllate dalla Cina. Io, ancora oggi, non riesco a capire il senso strategico di una scelta del genere...». C’è intesa anche su quale sia la prima cosa da fare. Orsini chiede al governo di scrivere insieme un «piano industriale straordinario», che affronti innanzitutto il «sovraccosto energetico» che le aziende italiane pagano rispetto alla concorrenza. Meloni concorda: «È la questione più urgente». Ha già stanziato 60 miliardi di euro per alleviare i costi, ma «è evidente», riconosce, «che continuare a tamponare spendendo soldi pubblici non può essere la soluzione».
Occorre “disaccoppiare” il prezzo dell’energia prodotta da fonti rinnovabili da quello del gas. C’è già uno strumento, nota Meloni, «quello dei contratti pluriennali a prezzo fisso», nel quale «il corrispettivo viene stabilito tra le parti e riflette i costi di produzione». È un inizio, ma occorre altro, serve l’intervento della Commissione (e allora, appunto, «Roberta mettici una buona parola»).
Il disegno di legge per rilanciare il nucleare sta per arrivare in parlamento e Nuclitalia, la società che studierà la nuova tecnologia, «potrà contare sull’eccellenza di tre grandi realtà, che sono Enel, Leonardo e Ansaldo Energia», il cui maggiore azionista è lo Stato. Ma il governo, fa sapere la premier in uno dei passaggi più applauditi, lavora anche per capire se «eventuali anomalie nella formazione del prezzo unico nazionale possano essere la causa di aumenti ingiustificati, perché sarebbe inaccettabile se ci fossero speculazioni sulla pelle di chi produce e crea occupazione». Propositi per cui Elettricità Futura, che riunisce le principali aziende della filiera elettrica, si dichiara subito pronta a collaborare.
Insomma, Orsini chiede di cambiare le politiche Ue e Meloni assicura che «si può invertire la rotta», anche perché l’Europa è «qualcosa di molto più ampio e bello delle norme assurde che ci dicono che un fagiolo non è un fagiolo europeo se ha un diametro inferiore a un centimetro». L’appello agli imprenditori è «pensate in grande, perché io farò lo stesso». La sburocratizzazione della normativa Ue risponde pure all’esigenza di trovare un’intesa con Donald Trump, che reputa le regole commerciali di Bruxelles una follia priva di senso. La premier è ritenuta da molti leader stranieri, non abituati a trattare con un personaggio così anomalo, la migliore “interprete” europea del pensiero trumpiano. È il motivo per cui Shigeru Ishiba, primo ministro giapponese, al termine del colloquio telefonico di lunedì, ha voluto apprezzare pubblicamente «l’iniziativa della presidente Meloni di fungere da mediatrice tra Europa e Usa».
Inevitabile che il “ciclone Trump” sia argomento dei colloqui che Meloni avrà con i leader di Uzbekistan e Kazakistan, dove arriverà stasera. Due ex repubbliche dell’Urss rimaste sotto l’influenza di Mosca, con cui l’Italia deve trattare perché sono ricche di petrolio, gas e uranio, le materie prime dell’energia. Come ripete la premier in questi casi, «la politica estera è politica interna».