Nonostante la linea dei vertici dei partiti di centrosinistra sia quella del bicchiere mezzo pieno, per cui i risultati del referendum (non valido) sono comunque un segno positivo, qualche crepa si apre. Dentro e tra i partiti. Nel Pd gli scricchiolii si erano sentiti subito, man mano che i risultati arrivati, con i riformisti (non tutti, alcuni) decisi a indicare gli errori. Ieri è stata una giornata relativamente di tregua interna. L’assemblea della minoranza è stata rinviata. Si aspetta che la segretaria convochi una direzione nazionale. Unica eccezione, Debora Serracchiani che, in un lungo post su Facebook, dopo aver dato atto che il Partito Democratico, piaccia o meno, ha fatto i conti con la propria storia (questo il senso del referendum contro il jobs act), ha aggiunto che, però, «ora si tratta di guardare avanti». E che «la base elettorale del referendum è un patrimonio, ma non è sufficiente per costruire l’alternativa alle destre». Ha ricordato che «l’antiberlusconismo non bastava a vincere». Anche oggi «per battere Meloni non basterà schierarsi contro».
Ed è intervenuto anche Alessandro Alfieri, coordinatore di Energia popolare, l’area riformista del Pd, criticando la strategia usata dal Pd prima del voto: «Sarei stato molto più attento a politicizzare il voto, non avrei usato le parole “avviso di sfratto” a Meloni, starei più attento a non confondere un referendum con le elezioni politiche. Sono logiche diverse. Sarei molto più prudente».
Paradossalmente, chi prova a unire è il leader considerato il più divisivo di tutti, Matteo Renzi, autore di quella riforma contro cui si è votato: «Sui temi», ha detto, «le due coalizione sono divise: sull’Ucraina Salvini non la pensa come Meloni, Conte non la pensa come Schlein. Sul Jobs Act io non la penso come Bonelli. Nel 2022 Meloni non ha vinto perché era più forte, ma perché noi ci siamo divisi in tre. Se ci dividiamo di nuovo, rivince Giorgia Meloni». Giuseppe Conte, invece, ha punzecchiato il resto del campo largo sul quesito che riguardava la cittadinanza (quello andato peggio e su cui il M5S aveva lasciato libertà di voto): «Battaglia giusta», ha detto il leader del M5S, «ma strumento sbagliato. Noi abbiamo lasciato libertà di voto e io personalmente ho votato sì. Chi ha proposto il referendum sulla cittadinanza rischia però di allontanare la soluzione».
Gli ha risposto Riccardo Magi, segretario di Più Europa e promotore del quesito sulla cittadinanza: «Oggi pensavo che il fronte progressista si sarebbe unito per una battaglia giusta. E invece no», ha scritto su X per poi rivolgersi al presidente del Movimento Cinque Stelle: «Caro Conte, non è stato il referendum per la cittadinanza ad allontanare la soluzione, come dici tu. Questo referendum è stata l’unica soluzione possibile dopo anni di immobilismo da parte di governi, come i tuoi, che non hanno avuto il coraggio di cambiare una legge ingiusta che le persone aspettano da 33 anni». E ha proseguito ricordandogli quanto ha fatto lui da premier: «La prima volta hai aumentato i tempi burocratici per l’accettazione della domanda di cittadinanza da due a quattro anni. La seconda, pur con una maggioranza di centrosinistra, oltre a ridurre nuovamente da quattro a tre anni i tempi tecnici, non hai fatto assolutamente nulla per cambiare la legge».
DiMartedì, Michele Santoro stronca la sinistra: "Ecco la verità sui Referendum"
Nonostante la batosta alle urne, la sinistra rivendica una presunta vittoria al Referendum dello scorso 8 e 9 giugno. Se...Angelo Bonelli si è rivolto alla premier: «Io, al posto di Giorgia Meloni, non gioirei così tanto per il mancato quorum. Perché alle prossime elezioni politiche il quorum non ci sarà, e quei 13 milioni di cittadini che hanno votato sì, potranno esprimere un verdetto molto duro nei confronti del governo». Chi non traveste la delusione in gioia è Benedetto Della Vedova, di + Europa: «Sono dispiaciuto per l’esito negativo oltre le aspettative del Referendum sulla cittadinanza. È una questione di diritti, ma è anche una questione che riguarda il futuro del Paese, la sua produttività e il suo declino demografico».