L’unica emozione vera, anche stavolta, viene dagli scranni della sinistra. Il dibattito in Senato sulle comunicazioni di Giorgia Meloni riguardo al Consiglio Ue che inizia domani è finito, è il momento di mettere ai voti le risoluzioni e si è raggiunta un’intesa su quella scritta da Carlo Calenda: fatto qualche ritocco, la maggioranza è disposta a votarla. Poco prima, il leader di Azione ha ammesso di condividere «buona parte» delle cose dette dalla premier. Il capogruppo del Pd, Francesco Boccia, ordina ai suoi di astenersi: va bene che domenica c’è stata la telefonata tra Elly Schlein e Meloni e la tensione è scesa, ma loro non possono convergere su un testo approvato dal centrodestra.
Nella risoluzione di Calenda, però, non c’è davvero nulla che non vada bene, e così tre senatori pd la votano assieme alla maggioranza, disobbedendo al partito: sono Pier Ferdinando Casini e i “riformisti” Filippo Sensi e Simona Malpezzi. La strategia di Meloni sta pagando. Prendendo la parola, la premier aveva ripetuto la premessa fatta lunedì a Montecitorio: «Non risponderò alle provocazioni e non risponderò ad alcune falsità che ho sentito. Sono convinta che non sia questo il tempo». Non vuole che evapori il tenue spirito dialogante nato due giorni prima.
Giorgia Meloni, occhio a Trump al suo fianco: la foto spappola fegati a sinistra
Martedì sera, durante la cena di gala della Nato all’Aja, ospitata dai Reali d’Olanda, Giorgia Meloni...La prima cosa che fa è informare l’assemblea: l’Iran ha violato la tregua con Israele annunciata da Donald Trump, ma ha pure confermato la volontà di mantenerla e questo – spiega – «potrebbe leggersi anche come una divisione all’interno dello scenario iraniano, della quale, ovviamente, dobbiamo tenere conto». Alcuni esponenti della sinistra avevano cercato lo scontro, lei respinge l’invito: «Avremo molto tempo per i toni da campagna elettorale». Il più tenace è Matteo Renzi: le dice che non è vero che l’Italia conti più di prima, le chiede come mai gli Stati Uniti non l’abbiano informata dell’attacco all’Iran. Meloni risponde che c’è «una differenza abissale» tra la realtà «e ciò che l’opposizione dice in questo parlamento». Differenza che magari, prosegue, è dovuta al fatto che «io non considero la politica estera fatta di photo opportunity, tant’è che le cose che faccio sono molte di più di quelle che condivido pubblicamente». Giudicheranno gli italiani, in ogni caso: «Quando arriverà il momento, ci diranno cosa ne pensano».
L’unico istante in cui lo sguardo della premier, anzi della mamma, si fa inceneritore, è quando la pentastellata Elisa Pirro le dice che «anche sua figlia crescerà, scoprirà quello che sta accadendo oggi nel mondo e le chiederà conto di quello che ha fatto». Un confine, quella della famiglia, che Meloni considera sacro. Ma pure questo intervento urlato, alla fine, passa senza conseguenze. Quando la presidente del consiglio e Graziano Delrio si confrontano, lo fanno nel modo più pacato possibile, dandosi anche ragione su alcune cose. Lei contesta la tesi del piddino secondo cui la seconda guerra mondiale fu causata dal riarmo degli Stati: «Su questo», dice Meloni, «la penso come gli antichi romani: si vis pacem, para bellum. Quando ci si dota di una difesa, non lo si fa perché si vuole attaccare qualcuno. Noi sappiamo che la pace è deterrenza». Sono le parole che poco dopo Angelo Bonelli e Schlein condanneranno. «Preparare la guerra», dirà la segretaria del Pd, «è il contrario di quello che serve e che vuole l’Italia. Se vogliamo la pace, prepariamo la pace».
Meloni al vertice Nato: lungo colloquio con Trump sui dossier internazionali
In occasione del vertice Nato di domani, il Re e la Regina del Regno dei Paesi Bassi hanno ospitato questa sera una cena...Ma le risoluzioni, intanto, sono già state votate, le uniche approvate sono quelle del centrodestra e di Azione e Meloni è salita al Quirinale assieme ad alcuni ministri, per il pranzo che precede ogni Consiglio dei leader Ue. Anche sul Colle, conversazione obbligata sulle crisi internazionali. Sergio Mattarella condivide le preoccupazioni di Meloni, la scelta di cercare il dialogo con le opposizioni e le decisioni prese assieme agli altri partner della Nato. Pure la sintonia tra premier e capo dello Stato suggerisce al Pd che è meglio pensarci bene, prima di inseguire Giuseppe Conte in un momento come questo.