È barricato nella sua casa in zona Risorgimento, latitudini chic appena fuori dall’Area C, Beppe Sala. Riflette su come provare a uscire dal vicolo cieco in cui è finito, stretto tra procura e Pd. Niente Palazzo Marino, ieri, dopo tre giorni filati a incontrare consiglieri, assessori (su tutti Giancarlo Tancredi) e delegazioni del Partito Democratico.
Il sindaco, che ha telefonato al governatore lombardo Attilio Fontana per ringraziarlo dopo la presa di posizione pubblica a suo favore («Sala non si dimetta. Si vuole ammazzare Milano, la Lombardia»), è all’angolo.
Quel «bisogna cambiare sull’urbanistica» arrivato a cascata dai vertici dem (i rapporti con Elly Schlein, con la segretaria regionale Silvia Roggiani e col provinciale Alessandro Capelli restano molto tesi), continua a frullargli in testa. Un monito che rischia di paralizzare la sua amministrazione e togliergli i numeri su una partita chiave come lo è quella della vendita dello stadio Meazza (e delle aree limitrofe su cui costruire il nuovo impianto) a Inter e Milan per 197 milioni di euro. Ed è proprio per questo che le dimissioni di Sala non sono più un’opzione peregrina. Al netto dell’inchiesta, infatti, il passo indietro senza garanzie sull’allineamento di tutti i consiglieri dem alla linea “sì stadio” che Beppe avrebbe chiesto come condizione ai vertici del partito - diventerebbe quasi obbligato: tirare fino al 2027 con una maggioranza azzoppata e incapace di approvare delibere, del resto, sarebbe una tortura insostenibile per chiunque.
Sala si ritrova così all’ultimo stadio. Le sue speranze di chiudere la partita entro fine luglio si sono sciolte come neve al sole davanti agli ultimi sviluppi fuoriusciti dal Palazzo di Giustizia milanese. La delibera non andrà sicuramente in giunta domani e tanti saluti all’approvazione in tempi brevi. Serve anche un doppio passaggio in commissione e il via libera dal Consiglio comunale niente affatto scontato. Dai tre consiglieri Verdi in maggioranza arriverà sicuramente pollice verso e altri due colleghi, uno del Pd e un ex della civica Lista Sala, sono sulle stesse posizioni. La richiesta d’arresto per l’assessore Tancredi, che ha seguito da vicino la vicenda San Siro, e la stessa indagine a carico del sindaco hanno però inevitabilmente congelato ogni mossa. C’è poi un altro fattore che complica le cose: la fretta. Il 10 novembre, infatti, scatterà il vincolo dei 70 anni sul secondo anello “rosso” - per cui il Tar ha rigettato la sospensiva chiesta dal “Comitato Sì Meazza” che voleva bloccare la demolizione dello storico impianto - e da quel giorno la Scala del Calcio sarà tutelata e dunque non potrà essere abbattuta.
Sarà una seduta bollente, quella di domani, in Consiglio comunale. L’intervento di Sala è atteso con trepidazione dall’opposizione e pure da pezzi della maggioranza (Verdi in primis), pronti ad attaccarlo da destra e da sinistra. Cosa dirà il sindaco? Oltre a rigettare le accuse dei pm (falso e concorso in induzione indebita), non è escluso che rilanci la favola del “modello Milano”, per quanto riguarda lo sviluppo della città, che rischia di andare in fumo. Per nessun grande progetto, però, sarà ricordato Beppe. City Life e Porta Nuova? Creazioni di Gabriele Albertini. In aula potrebbe far capolino anche Tancredi, per comunicare le proprie dimissioni da assessore alla Rigenerazione Urbana. Stasera l’uomo al centro della maxi-inchiesta sull’urbanistica, accusato di corruzione in concorso, falso e induzione indebita, incontrerà il suo avvocato per decide sia la linea difensiva da tenere davanti al gip Mattia Fiorentini nell’interrogatorio di garanzia in programma mercoledì pomeriggio sia la linea politica. Il tempo stringe e su Tancredi incombe l’ombra degli arresti domiciliari.
Ieri, intanto il Pd milanese ha organizzato una riunione con consiglieri regionali e parlamentari del territorio. «Il Pd è compatto e unito: vogliamo continuare al fianco del sindaco, sapendo che dal 2011 moltissime cose importanti sono state fatta per la città, ma che oggi in un contesto sociale mutato è necessario investire su nuove politiche perla città che mettano al centro la questione sociale, ambientale, delle opportunità e dell’uguaglianza.I n questi giorni continueranno i confronti con le forze della maggioranza e del centrosinistra, con grande attenzione sull'ascolto delle forze vive della città», ha spiegato il segretario del Pd Milano Metropolitana, Alessandro Capelli.