Hanno addirittura sbagliato persona. Quando sono partiti, come otto furie, diretti su quel ragazzo tunisino che se ne stava per i fatti suoi alla Montagnola di Bologna, il parco a due passi dalla stazione dei treni, in pieno centro, l’hanno scambiato per un altro. Dovevano colpire un ventenne (tunisino pure lui) che, a detta loro, li aveva fregati su un piccolo scambio di hashish. Aveva truffato proprio quel gruppetto di pachistani che se l’era legato al dito. E quindi hanno reagito, però individuando il soggetto sbagliato. Prima l’hanno inseguito, poi l’hanno accerchiato e infine (mentre la vittima cercava di ripararsi e continuava a dire «ma chi siete? No vi conosco!...») l’hanno riempito di pugni e calci. Era lo scorso maggio, sotto le due torri per giorni non s’è parlato d’altro. Anche perché quella spedizione punitiva lampo aveva lasciato un giovane in ospedale in gravi condizioni, operato e con una prognosi di trenta dì; una folta folla di passanti che aveva assistito alla scena (e aveva allertato le forze dell’ordine) esterrefatta; e una gang di stranieri che se l’era data a gambe pigliando il primo convoglio per scampare all’accusa di tentato omicidio.
La buona notizia è che, adesso, il cerchio si stringe e la squadra mobile della polizia ha acciuffato tre degli otto aggressori (due a Piacenza e uno a Macerata, tutti con un’età trai 29 e i 25 anni); la notizia un po’ meno buona è che gli altri cinque mancano ancora all’appello (malo sforzo per ricercarli non si placa di certo); e la notizia cattiva è che sì, Bologna (e mica solo Bologna) continua ad avere un problema sulla sicurezza. D’altronde gli ultimi dati del Viminale (denunciati da Fratelli d’Italia qualche mese fa) parlano chiaro: nella città rossa per eccellenza un arresto o una denuncia su due è a carico di stranieri, tra spaccio e rapine non si sta tranquilli un attimo e a marzo, giusto per capire qual è il clima, è partita addirittura una raccolta firme per chiedere al Comune dem di cambiare rotta perché (si lamentavano allora i promotori) «intere zone sono diventate terra di nessuno e questo è un tema che non ha un colore politico, al contrario riguarda tutti».
Ieri mattina un italiano di 34 anni sull’autobus della linea 20/B ha tentato un furto con strappo ai danni di una signora di quasi sessant’anni; a Ferragosto alcuni ladri, in una villetta sui colli, hanno sgraffignato orologi e gioielli per 50mila euro (ma questo è un discorso più articolato e tra poco ci arriviamo); lunedì un algerino di 73 anni è finito in manette perché è stato pizzicato a vendere cocaina per strada. «Dobbiamo ringraziare il grande lavoro che fanno le forze dell’ordine, invece l’amministrazione di centrosinistra continua a raccontare di una Bologna sicura che non è», dice Francesco Sassone, che è il coordinatore cittadino dei meloniani in città. Infatti il sindaco Matteo Lepore (Pd), nell’ultimo periodo, forse s’è accorto della situazione e ha ammesso a denti stretti d’aver «bisogno di più agenti e di un impegno concreto da parte del governo. Noi stiamo assumendo cento nuove unità di polizia locale, ma serve un rafforzamento deciso anche a livello statale». «È solo un modo per scaricare la responsabilità su altri», spiega tuttavia Sassone, «la realtà è che anche su Bologna c’è stata un’implementazione degli agenti, tanto della polizia che dei carabinieri. I problema è un altro, serve maggiore collaborazione tra le forze della polizia di Stato e quelle della polizia locale, e questa sì che è una cosa che dipende dal sindaco. Dopododiché serve anche dotarsi di più telecamere, altro nodo che il Comune non affronta. In questi giorni ci sono stati molti furti sui colli dove era nato un patto di collaborazione: i cittadini hanno adempiuto ai loro doveri, per esempio mettendo i cartelli sulle strade private, il Comune non ha ancora fatto nulla».