Il Pd di Elly è la barzelletta dell'Europarlamento

Secondo Politico.eu parlano male l’inglese, sono divisi in più fazioni, hanno nostalgia di casa. E appena arrivano vogliono subito ripartire...
di Pietro Senaldimartedì 16 settembre 2025
Il Pd di Elly è la barzelletta dell'Europarlamento

(LaPresse)

4' di lettura

Arrivano e subito si mettono all’opera per tornare a casa. I colleghi degli altri Paesi li chiamano “il gruppo di Monte Cristo”, alludendo al fatto che vivono l’incarico presso l’Unione Europea come una prigione. Sono divisi in tre o quattro fazioni, vittime di antipatie personali, preda di divisioni ideologiche, combattenti di un’eterna guerra tribale interna.

Sono i più numerosi ma contano meno degli altri perché non sanno fare sistema. Sono dei pesci fuor d’acqua perché non parlano l’inglese. Sono convinti che il mondo si riduca alle loro questioni locali e snobbano quel che accade in Europa. Sono i soli ad avere nostalgia della loro bella nazione. Vanno a Bruxelles solo quando restano disoccupati in patria. Non sanno come funzionano e come far funzionare le cose nell’Unione. Metà di loro non sta con il capo in Italia, Elly Schlein.

Non stiamo parlando di un’armata Brancaleone ma della compagine degli onorevoli del Pd eletti all’Europarlamento, così come viene raccontata dai colleghi del Partito Socialista Europeo degli altri Paesi membri. La fotografia è stata scattata da Politico.eu, il giornale digitale che racconta agli americani cosa succede nell’Unione. Giusto un anno fa, la testata ha incoronato Giorgia Meloni come la persona più potente d’Europa, «perla sua influenza crescente nella Ue, dove occupa ormai una posizione di rilievo, e la capacità di imporre le sue visioni su immigrazione e diritti civili a Bruxelles, che in altri tempi sarebbero state criticate».

L’analisi dei giornalisti del network americano è lucida, scritta con lo stile essenziale degli anglosassoni, quindi inappellabile. Si basa sull’analisi dei fatti e su diverse fonti. Raccoglie i pareri di europarlamentari stranieri ma anche di una gola profonda del Pd, che mena i colpi più pesanti: «Spagnoli e tedeschi sono meno ma contano più di noi, che siamo ventuno». E subito è scattata la ridda dei sospetti tra gli onorevoli dem alla ricerca del collega che ha cantato. Qualcuno che non può nutrire ambizioni, è stato pescato per la sua notorietà e poi abbandonato e si sfoga? Oppure qualcuno che ha qualcosa da perdere, o alla quale ambire, e parla per dare una mossa a Schlein, che guida il partito in teoria più europeista d’Italia e all’Europarlamento si era addirittura candidata ma che ora lo snobba, ritenendo più importante per lei vincere a Pesaro e Barletta piuttosto che far contare il Pd a Bruxelles?

Di certo l’articolo anticipa una lotta di potere interna al Pse che si terrà a metà legislatura, quando solitamente scatta il giro di valzer delle poltrone. L’antefatto è che quindici mesi fa Schlein, pur battendo i rivali europei e la delegazione più nutrita della sinistra, decise di non passare all’incasso e cedette la poltrona di capogruppo del Pse alla Spagna, che vi ha insediato Iratxe Garcìa Pérez. La ragione è duplice. La Nazarena voleva ingraziarsi il suo idolo, il premier iberico Pedro Sanchez, per lei un mito vivente, per il quale nutre un complesso di inferiorità superiore addirittura a quello che la tiene legata a Giuseppe Conte in Italia. Incaricare poi un italiano avrebbe significato premiare Nicola Zingaretti, attuale capo della delegazione dem, quello noto per aver detto «con Elly il Pd crollerà al 17%», cosa smentita dai fatti e che dimostra quanto il fratello di Montalbano ci capisca.

Il patto è che, al momento giusto, Pedro senza macchia ritirerà la propria esponente. Il problema però è che più si avvicina la scadenza, meno il premier spagnolo è intenzionato a mantenere la parola, perché se tiene duro e fa il bullo con la segretaria italiana, ottiene consenso tra i suoi in patria. Anche i tedeschi peraltro mirano alla guida del Pse, con la candidatura dell’emergente René Repasi. A complicare il quadro è che tanto iberici quanto alemanni confidavano che a metà legislatura ci sarebbe stato un avvicendamento alla presidenza dell’Europarlamento, con la popolare Roberta Metzola pronta a cedere a un esponente di sinistra. Anche questo però sembra che non avvenga, il che scatena le bramosie dei suddetti su altre poltrone.

Ed ecco allora il fuoco incrociato contro il Pd. Cosa diamo a fare agli italiani incarichi di prestigio, visto che schifano l’Europa al punto che dopo un anno tre di loro (indicati con tanto di nome: Matteo Ricci, Pasquale Tridico e Antonio Decaro) già si sono candidati per guidare enti territoriali nel paese natio, si chiedono spagnoli e tedeschi?
Difficile dare loro torto, e quindi arriva un altro carico: tra un anno e mezzo a Roma ci saranno le Politiche e se ne torneranno a casa anche Stefano Bonaccini, Dario Nardella (e forse pure Brando Bonifei ndr) incalzano gli euro alleati (?) di Elly. E la segretaria, cosa replica? Una sfinge, come al solito. Anche perché nel disastro c’è il suo zampino: ha deportato una classe dirigente a Bruxelles non sua e adesso non solo non la difende, ma non è stata neppure in grado di fermarne il ritorno, perché la sua priorità sono le Regionali nelle Marche e in Puglia e non certo contare nell’Unione, come giustamente fa notare Politico.eu.

Peraltro il ritorno di Decaro apre un’altra questione potenzialmente a perdere per l’Italia. L’ex sindaco di Bari a Bruxelles è presidente della Commissione Ambiente e Sicurezza Alimentare. In lizza per sostituirlo ci sarebbero Alessandra Moretti e Annalisa Corrado, vicina a Elly ma troppo estremista per un ruolo del genere. Spagnoli e tedeschi però rivendicano anche questa poltrona, con la regola aurea che “chi va via, perde il posto all’osteria”.