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FdI furibonda per l'intervista-choc al figlio di Riina: "Intollerabile, rimuovere tutto"

di Claudio Brigliadorisabato 20 settembre 2025
FdI furibonda per l'intervista-choc al figlio di Riina: "Intollerabile, rimuovere tutto"

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3' di lettura

Diventa un caso, in Sicilia e a Roma, l'intervista del podcast Lo Sperone a Savatore Riina, il figlio dello storico boss della mafia Totò Riina. L'uomo si paragona letteralmente ai bimbi di Gaza, "perché come i piccoli palestinesi da bambino ho vissuto sempre come se fossi in perenne emergenza". Anche se, "quando dovevamo scappare da un rifugio all'altro con papà, per me era come una festa perché conoscevo posti nuovi e gente nuova. Sono pure nato nella clinica Noto, la più famosa di Palermo, col nome e cognome di mio padre. E tutti lo sapevano".

Segue una autodifesa a spada tratta del capo di Cosa Nostra: "Mio padre non ha mai ordinato l'omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo". E su Giovanni Falcone: "Quando l'hanno ammazzato, non dava più fastidio alla mafia o a Totò Riina, ma ad altri dietro le quinte". L'antimafia invece "è un carrozzone composto da gente che ha bisogno di stare sotto i riflettori". Riina, a suo dire, è stato arrestato "perché dava fastidio, così come a un certo punto hanno dato fastidio Bernardo Provenzano e Matteo Messina Denaro, perché erano malati e non servivano più in quello stato a quelli che detenevano veramente il denaro della mafia". "Mi chiedono continuamente dove di trova il tesoro di mio padre. Io so solo che lo hanno arrestato quando avevo 14 anni e non parlava con me di queste cose. Quando l'hanno preso ero in sala giochi con mio fratello. Negli anni hanno fatto tanti sequestri a mio padre. Se chiedete all'intelligenza artificiale, sommerà almeno un miliardo di euro. Ma io non ne so nulla ed è inutile che me lo continuino a chiedere", ha concluso.

Parole assolutorie accolta dalla politica con sdegno. Fratelli d'Italia, in particolare, si è scagliato con vari esponenti contro l'intervista. "Tentare di riabilitare un boss attraverso un podcast non è accettabile. L'intervista al figlio del capomafia Totò Riina che prova a descrivere un'immagine diversa da quella del sanguinario criminale è uno schiaffo a tutte le vittime di Cosa nostra e a chi ha sacrificato la propria vita per la legalità", attacca il senatore FdI Giorgio Salvitti, componente della Commissione Antimafia. "Vicinanza e solidarietà - aggiunge - alla comunità di Corleone e un plauso al collega Raoul Russo che ha immediatamente annunciato un disegno di legge sull'apologia di mafia. È giusto punire coloro che magnificano l'operato mostruoso di chi conosce solo il linguaggio della violenza, dell'intimidazione e della morte". "Solo una parola: vergogna.- aggiunge Carolina Varchi, segretario di Presidenza della Camera e capogruppo di FdI in commissione Giustizia -. Non me ne vengono in mente altre. Dare voce a un delirante Riina è un atto irresponsabile e pericoloso. Quel podcast è fuorilegge e non può restare online: attiverò tutti i canali istituzionali per ottenerne la completa rimozione dal web. Trovo terrificante la scelta di dare spazio a un pregiudicato, figlio del più sanguinario boss di Cosa Nostra, mai pentito, mai dissociato, che oggi pretende di riscrivere la storia più buia della nostra terra raccontando un Totò Riina che non è mai esistito". Per Varchi "sembra una barzelletta, ma non fa ridere: offende la memoria delle vittime e umilia la dignità di chi ha lottato contro la mafia a costo della vita. Per questo -, conclude Varchi - presenterò un esposto per valutare misure di allontanamento di questo soggetto da Corleone e dalla Sicilia. La nostra terra non merita simili oltraggi". Definisce l'intervista "intollerabile" anche Raoul Russo, senatore di Fratelli d'Italia e anche lui in Commissione Antimafia: "Le dichiarazioni di Riina possono apparire come un segnale alle nuove generazioni di inserirsi nella logica criminale, come possibile e lecita scelta di vita. La libertà di espressione non possiamo negarla a nessuno, ma qui si è superato il limite e si rischia un pericoloso ritorno all'incultura mafiosa".