Quando qualcuno di centrodestra, soprattutto se Giorgia Meloni, viene insultata la regola per quelli dell'opposizione è semplice, semplicissima: prendersi le contumelie, starsene zitti senza fiatare o protestare e portare a casa. Basta leggere l'intervista di Laura Boldrini su Repubblica, in cui derubrica il "cortigiana" pronunciato da Maurizio Landini a DiMartedì all'indirizzo della premier come "un equivoco" invitando poi la stessa Meloni a smetterla con il "vittimismo". Intervista invero surreale, visto che a pronunciare queste parole è stata quella presidente della Camera che, giustamente, ha fatto della lotta alle volgarità sessiste contro le donne, dentro e fuori dalla politica, uno dei suoi cavalli di battaglia.
"Direi alla maggioranza di non strumentalizzare le parole di Landini, per nascondere altro, perché è evidente che c'è stato un equivoco. Non bisogna fare vittimismo", spiega la Boldrini, oggi deputata del Partito democratico, dalle colonne del quotidiano diretto da Mario Orfeo. "Da presidente della Camera e ora da deputata del Pd, che ha subito violenze verbali, penso che in questo caso ci sia stato un grande equivoco. Ascoltando per intero l'intervento di Landini è chiaro che il segretario volesse dire che Meloni fa parte della corte di Donald Trump, come se stesse usando quel termine al maschile e non al femminile".
Boldrini spiega dunque come "al maschile il termine 'cortigiano' ha un significato diverso dal femminile 'cortigiana'". La domanda successiva a questo ragionamento è scontata, e infatti Repubblica giustamente gliela pone: come avrebbe reagito la sinistra a parti invertite? "Ripeto, bisogna ascoltare il discorso per intero, altrimenti si rischia di farne un uso strumentale - replica la Boldrini -. Non penso ci sia stato un intento di offendere in modo sessista la presidente Meloni, ma di fare una considerazione politica, intendendo che Meloni è politicamente subalterna a Trump. Mi sembra una forzatura, escludo che Landini volesse far riferimento al significato di prostituta. Ha usato la parola sbagliata". Un problema di vocabolario, insomma. Tutto chiarito. E guarda un po', non c'è stato nemmeno il bisogno di scusarsi da parte di Mister Cgil.