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"Rivoluzione Mamdani": i fan dem sono in delirio

La fenomenologia di una “groupie” è ben nota: entusiasmo adolescenziale, prevalenza dell'ormone sul neurone, orsacchiotti e pupazzetti gettati verso il palco, e per le più coraggiose il lancio include anche reggiseno e altra biancheria
di Daniele Capezzonevenerdì 7 novembre 2025
"Rivoluzione Mamdani": i fan dem sono in delirio

3' di lettura

Che fanno i tifosi e le tifose scatenate di una rockstar? Beh, la fenomenologia di una “groupie” è ben nota: entusiasmo adolescenziale, prevalenza dell'ormone sul neurone, orsacchiotti e pupazzetti gettati verso il palco, e per le più coraggiose il lancio include anche reggiseno e altra biancheria. Insomma, euforia completa del corpo e della mente, passione totalizzante, frenesia per il nuovo eroe. Ecco, tutto questo armamentario pare un esercizio di moderazione, quasi di understatement britannico, rispetto all'eccitazione incontenibile dei media italici per Zohran Mamdani. A occhio e croce, fino a una settimana fa, se aveste fatto quel nome a bruciapelo davanti a una platea di giornalisti assortiti, alcuni vi avrebbero parlato di un centrocampista dell'Udinese, altri di un terzino del Tottenham, altri ancora di un mezzofondista africano. Ma da ieri non ci si può più sbagliare: è istantaneamente diventato una specie di icona, anzi di Messia (ops, però è islamico, come si fa?), in ogni caso un supereroe da contrapporre al perfido Trump.

Trump- si sa- fa schifo al Commentatore Unico, e va insultato almeno due volte al giorno, prima o dopo i pasti principali. Ecco Adriano Sofri sul Foglio, che per celebrare Mamdani evoca l'incolpevole Machiavelli (il quale non può difendersi per ovvie ragioni), e contemporaneamente lapida Trump: «Così da autorizzare a sperare che sia rintoccata la campana d'uscita per Donald Trump, laido briccone ottuagenario». Non basta ancora: con Trump deve andarsene «la carovana di brutalità e trivialità che gli fa corona». Ah sì? Molto meglio un bell'islamico fondamentalista e antisemita.

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Esulta anche l'editoriale di Avvenire, quotidiano zuppista, entusiasta per il sostegno a Mamdani dei giovani «che hanno visto in lui una possibile svolta, oltre che un coetaneo simpatico e brillante, ex rapper, figlio di un mix di cultura». E il problema dell'antisemitismo? Mano, tranquillità, la sua è una «posizione fortemente pro Palestina». Anche all'interno il giornale della Cei non si trattiene («A New York la rivoluzione di Mamdani»), più un ritratto lirico-apologetico: «Sciita, figlio africano di intellettuali asiatici. Ama hip hop e social». Roba da invitarlo subito a Sanremo. Pure La Stampa è in amore: «L'America anti-Trump» in prima, «onda dem» in seconda, più una croccante intervista all'ex sindaco Bill De Blasio che evoca Roosevelt. Ah certo, vedi Mamdani e ti viene subito in mente Roosevelt. E poi ancora i giovani (apprendiamo che c'è già la “Generazione Zohran”), mentre Monica Maggioni ci informa che quel cattivone di Trump «aizzerà i suoi contro i nuovi volti progressisti».

Ma il primato del giornale più “mamdaniano” se lo aggiudica Repubblica. Siete pronti per la raffica? Prima pagina: «Il sindaco dell'altra America». E sempre in prima sono già lanciatissimi Gianni Riotta («Il primo passo di una riscossa ora possibile») e Gabriele Romagnoli («L'irresistibile corsa dell'esercito dei dimenticati»). Quindi non vi sbagliate: i «forgotten men» di Trump erano bifolchi sdentati, belve assatanate, orridi populisti; mentre i sostenitori di Mamdani devono essere tutti poeti e artisti, anime sensibili e delicate. E infatti ecco pagina 2: «È l'alba di un giorno migliore». Anche l'Italia progressista esulta a pagina 4: «Sinistra in festa.

Schlein: “È un bel risveglio”». Tutto fantastico: è andata male nelle Marche, a Macerata ea Porto Recanati, ma a Brooklyn stanno tutti con lei e Furfaro, desumiamo. Non si trattiene nemmeno Michele Serra: «Quanto è giovane il socialismo». Siamo sempre lì, al curioso algoritmo ben noto ai lettori di Libero: se in America vince un repubblicano, allora siamo invariabilmente alle soglie della guerra civile, in mezzo a falchi guerrafondai, principi delle tenebre, onde nere; se invece vince un democratico, incluso un musulmano estremista di sinistra, è subito un “nuovo inizio”, la “nostra America”, una “bella speranza”. Avanti così, compagni: tifare sempre, capire mai.

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