Circonvenzione di Elly, nel senso di Schlein. Scherzando ma non troppo, sarebbe ora che una procura aprisse un’inchiesta su Giuseppe Conte con quella feroce imputazione, ben descritta dall’articolo 643 del Codice Penale. Cito testualmente la fattispecie, che punisce chiunque, “per procurare a sé o ad altri un profitto, (...) abusando dei bisogni, delle passioni o della inesperienza di una persona (...), la induce a compiere un atto che comporti qualsiasi effetto per lei o per altri dannoso”. Stiamo scherzando, lo ripeto per la seconda volta: ogni tanto un sorriso serve ad alleggerire le tensioni della politica e insieme a svelare ciò che è sotto gli occhi di chiunque li tenga minimamente aperti.
La realtà è che la povera Elly è sempre più nei guai, pur “testardamente unitaria” come continua a descriversi, con quell’avverbio e quell’aggettivo messi insieme in una locuzione ormai divenuta schleiniana per antonomasia. Quella formula («Sono testardamente unitaria») è stata lo scudo di Elly, il suo giubbetto antiproiettile: per mesi, ogni volta che un grillino la infilzava, ogni volta che un possibile alleato le dava un dispiacere, lei rispondeva così, presentando ai media e all’opinione pubblica come esigenza prioritaria la creazione della coalizione. Davanti a quell’obiettivo di unità – questo era il messaggio – ogni sacrificio andava accettato, ogni rospo ingoiato, ogni amarezza contestualizzata e in ultima analisi metabolizzata.
Il tirassegno su Elly è lo sport preferito dei suoi compagni
Non piace alla gente che piace, o che pensa di piacere. Lo sport nazionale a sinistra è sparare contro Elly Schle...E - a onor del vero - qualche mese fa, per un momento, poteva sembrare che Elly avesse davvero delle ragioni: quando la segretaria piddina ha potuto annunciare che nelle sei regioni al voto in questo autunno aveva messo insieme tutti i rissosi condòmini del sinistra-centro (tranne Calenda, sia detto ad onore di quest’ultimo), beh, in quel momento la Schlein aveva indubbiamente messo a segno un bel punto politico.
Ma l’illusione è durata poco. Nelle Marche e in Calabria è andata malissimo, e tutta la tornata - nella migliore delle ipotesi per il centrosinistra - finirà in pareggio. Altro che “spallata”. Dentro il partito, è tutto un fiorire di correnti per imbrigliarla-abbracciarla-tutelarla: espressioni non certo lusinghiere verso una leader. Intorno, da Prodi in giù, non c’è nessuno che scommetta su una sua possibile premiership.
E poi - bullizzatore in chief - ecco Giuseppe Conte. L’intervista rilasciata ieri alla Stampa è stata l’ultima furbissima carognata dell’avvocato del popolo. Ap parentemente il grillino apre a una scelta non strettamente pentastellata del candidato premier della coalizione che sfiderà Giorgia Meloni per Palazzo Chigi. Ma tutto ciò che sta intorno a quella dichiarazione distensiva è una collezione autunno-inverno di insidie contro la povera Elly: Conte fa sapere che l’alleanza ancora non c’è, che loro non sono subordinati, e ogni risposta è concepita (dalla sicurezza all’immigrazione, passando per le tasse) come un modo di differenziarsi dal Pd. E la cosa è scientifica: se il Pd dice “a” su un qualsiasi tema, Conte si affretta a verbalizzare che lui preferisce “b”.
E allora ecco che la politica (materia strana, ma dotata di una sua razionalità) si prende la sua sadica vendetta. In ultima analisi, che ha fatto Elly in questi mesi, in versione “testardamente unitaria”? Primo: ha ceduto su ogni nodo programmatico, concedendo ai grillini un potere di vita e di morte sulle alleanze locali. Secondo: ha resuscitato il peggio del repertorio economico pentastellato, a partire dal reddito di cittadinanza. Terzo: ha consapevolmente rimosso qualunque elemento distintivo del Pd rispetto agli alleati. Diciamolo onestamente: chi conosce una sola battaglia del Pd, o anche solo una posizione, che non sia intercambiabile con quelle di Avs e dei pentastellati? Quarto: ha inseguito i potenziali alleati pure sul terreno radioattivo di un posizionamento geopolitico tendente verso Pechino-Mosca-Teheran. Roba da far drizzare i capelli in testa a chiunque dalle parti di Washington.
Anci, Manfredi del Pd umilia Schlein: "Grazie Meloni"
Il cortocircuito della sinistra italiana e del Pd in particolare emerge con prepotenza nel giro di pochi minuti. La prem...E tutto questo in cambio di cosa? Di un Conte che continua ad alzare l’asticella, a praticare la tattica del “più uno”. Qualunque cosa Elly gli conceda, il leader grillino vuole di più. E l’ultima stazione di questa Via Crucis schleiniana la conoscono tutti (tranne Elly e le sue guardie rosse): si tratterà della candidatura per la guida della coalizione. A un certo punto (a occhio, verso l’autunno 2026) arriverà l’ultimatum decisivo: vuoi la coalizione? E allora, cara Elly, la candidata premier non puoi essere tu. Anzi: se Schlein perdesse in malo modo il referendum sulla giustizia, l’ultimatum arriverebbe anche prima, già la prossima primavera. Firmato: Giuseppe Conte.




