Ma che bella Roma, con il sindaco che ci fa più sorridere che piangere. Un attore vero e non la recita quotidiana. Dovevate vederli gli automobilisti. Appena si è sparsa la voce che in Campidoglio c’era ahinoi per un giorno solo- Carlo Verdone al posto di Roberto Gualtieri - la Capitale si è trasformata. Nel traffico era un coro: “Prego, prima lei”. “Ma ci mancherebbe, tocca a lei”. Clacson azzerati. Vigili a riposo. Taxi ovunque. Un sogno.
Capitale del mondo. Quel che nel programma del sindaco rosso era una promessa irrealizzabile- la città dei quindici minuti - è diventata la realtà che nessuno pretendeva: «Ma che ce frega, va bene così». E le periferie, che il sindaco lo vedono solo quando c’è un nastro da tagliare, fosse anche per una buca da ricoprire..., affascinate dall’attore-regista-primo cittadino pronto a mettere le mani sul Pnrr per risolvere le grane ancora senza soluzione. Gli hanno fatto anche festa, gli anziani del centro di La Storta: il numero 75 come candeline sulla torta, perché «er sinnaco» compiva gli anni. «E manco se riposa nel giorno der compleanno».
E no che non si è riposato. Indossata la fascia tricolore consegnatagli da Gualtieri, di buon mattino Verdone ha riunito la giunta comunale, a cui ha fatto approvare due atti di indirizzo contro i quali non c’è opposizione che tenga: una prima memoria di giunta ha stabilito la prossima attivazione di un punto di odontoiatria e psicologia sociale a Tor Bella Monaca. È il municipio di destra della Capitale, mica Verdone fa come Gualtieri. Non discrimina. E poi, la seconda decisione: misure di sostegno e valorizzazione per le librerie della città.
Domanda: ma perché un giorno solo da sindaco? Vederlo sbucare con la testa da Palazzo Senatorio e poi in giro per la città nei quartieri più lontani dal centro storico ha emozionato. E, diciamolo, soprattutto per la caratura del personaggio, romanesco a tutto tondo. Roma lo ama.
E lui la ripaga, anche se va in zone che nemmeno Google maps riesce a individuare. Il mare della città a Ostia, il palazzo lungo un chilometro a Corviale, gli autobus che improvvisamente sono lindi e puntuali: la Capitale assume le sembianze dell’attore nelle sue parti migliori. E neanche una manifestazione a contestarlo. A proposito, per un giorno applausi al sindaco, Verdone non Gualtieri, anche dall’opposizione. Niente riunione della commissione trasparenza, nessun esposto in Procura o alla Corte dei Conti. E neppure delibere d’oro per gli amici degli amici. Per Verdone siamo tutti amici suoi... In questa straordinaria fiction, a sera, prima di riporre la fascia in armadio, arriva inaspettata la telefonata della presidente del Consiglio. E Verdone: «A Gio’, manname un po’ de quattrini, che con le buche se so’ magnato tutto». Il saluto di Gualtieri sta in una promessa: «Se continui a fare il sindaco ti portiamo in Parlamento».
«Maddeche’, è la replica, preferisco er cinema. So’ già stanco morto, fatelo voi er mestiere vostro». Da oggi si ricomincia. Applausi da tutta la città a Carlo nostro, borbottii al passaggio del sindaco vecchio che è tornato. «La monnezza», gli gridano. «Er traffico», gli urlano. «Li stranieri», ululano. No, non è la stazione Termini, ma tutta Roma dove precipita la qualità della vita. Ci mancherà il sindaco che sorride; perché ci resta quello che ci fa piangere. «A Verdone, facce lo stadio della Roma», hanno implorato l’attore. Ma era tardi, aveva già “staccato”. Per i sogni c’è sempre tempo. In fondo, alle elezioni capitoline manca poco. E il popolo lo dirà: «Magara Verdone».




