Quando eravamo giovani figli di operai (mio padre era un operaio cattolico specializzato, un bravissimo foto incisore, iscritto alla Cgil e segretario di una commissione interna) si diveniva comunisti, nella Torino degli Anni Chiacchieravo qualche giorno fa con Giulio Sapelli e gli ho detto, Giulio, ho un dilemma filosofico, una cosa da drammone politico, una domanda: «Ma voi, compagni, chi siete?». Quel volpone del Sapelli non si è lasciato sfuggire il problemone. Eccolo qui, confezionato al naturale. Ne è venuto fuori un “come eravamo” in sei punti che per contrappasso è ciò che non sono e non possono essere più i compagni. Buona lettura. ms
Quando eravamo giovani figli di operai (mio padre era un operaio cattolico specializzato, un bravissimo foto incisore, iscritto alla Cgil e segretario di una commissione interna) si diveniva comunisti, nella Torino degli Anni Sessanta, perché esistevano gli operai comunisti che parlavano come a quel tempo parlavano i professori universitari. Nelle sezioni territoriali del Pci la biblioteca era aggiornata e seguita sempre da un vecchio pensionato responsabile sia dell’acquisto dei libri, sia della vigilanza sulla loro lettura, che doveva essere costante e orientata verso tutte le posizioni politiche e tutte le sfumature dei generi del romanzo, sino alla poesia moderna e contemporanea, senza che mancassero i classici, tanto della letteratura quanto dell’economia e della sociologia. Il pensiero marxista si mescolava con un orizzonte culturale molto ampio e variegato, cattolico in primis.
1. Gli iscritti si davano del “Tu” perché condividevano un ideale che faceva scomparire le divisioni di ceto e di classe, fecondavano le menti con le reti di conoscenze interclassiste che questo modello cognitivo favoriva.
Era la stessa cosa in famiglia: i genitori non erano amici dei figli, ma autorevoli genitori e il partito era una comunità di destino perché coloro che ne facevano parte condividevano scelte in base alla fedeltà e non per un passeggero moto di simpatia come oggi accade con le Primarie, dove gli iscritti sono la stessa cosa dei non iscritti. Un tempo i simpatizzanti esistevano, certamente, ma non decidevano. Condividere l’ideale implicava un sacrifico permanente di tempo, di sforzo educativo, di passione non intermittente.
2. La passione aveva un odore di vita quotidiana, perché si fondava sulla condizione di vita e di lavoro, a partire dagli elementi più semplici della collocazione umana in società: il salario e le condizioni di lavoro, la difesa dei diritti che era possibile perché si condividevano dei doveri, verso la patria (italiana, non sovietica, come sento spesso dire dai non informati o dai diffamatori) anche se l’Urss, ahimè, rimase per troppo tempo il profilo ideale e finanziario ispiratore.
3. Il sacro era un elemento sempre presente nella vita di una donna o di un uomo della sinistra comunista e socialista nelle sue varie gradazioni: era il “Sol dell’Avvenire” che via via impallidì, ben prima del crollo dell’Urss, ma soprattutto da quando la direzione del grande Partito comunista (nel Partito socialista italiano tutto ciò era beneficamente accaduto già anni prima) cadde sotto il dominio socio-antropologico delle classi medie e degli ex studenti falliti nella carriera universitaria, ma non nella politica, che iniziò da allora ad avere il suoi centri ispiratori nella condizione di vita non più delle classi lavoratrici, ma nei temi dei cosiddetti diritti interclassisti e universalistici, che via via tracimarono nella società del decostruttivismo, dell’afasia classista e nella simbologia del transumanesimo che sostituì l’alleanza con il mondo cattolico - che era stata l’architrave della politica togliattiana - con il riferimento costante alla “culture theory” che in questi anni si è disvelata appieno, sostituendo il lavoro e le condizioni materiali e spirituali di vita delle classi più deboli socialmente come elemento d’ispirazione politica fondamentale. Non è un caso che di questa sinistra via via mutante divenne leader indiscusso certamente Bettino Craxi, ma soprattutto, sul fronte ex comunista sconvolto dal crollo dell’Urss, Enrico Berlinguer e gli adepti in lacrime di un nuovo partito di ex universitari, di classi medie e di esponenti delle nuove culture transumane che via via andavano diffondendosi. Enrico Berlinguer era a ciò destinato da anni, a causa della politica togliattiana di cooptare nel gruppo dirigente uomini e donne appartenenti alle grandi famiglie borghesi.
4. Una politica dettata dalla condizione di isolamento del Pci e dalla cosiddetta doppiezza- che altro non era che la volontà di allontanare sempre più il Pci dall’Unione Sovietica (nel Psi ciò era avvenuto anni prima grazie a Pietro Nenni, un grande dirigente mai abbastanza riconosciuto) che tuttavia per troppo tempo rimase il punto di riferimento ideale e finanziario, sino al crollo dell’Urss.
5. Dopo quel crollo non c’è più storia per la sinistra: tutto diviene politica di centro e via via di liberismo sfrenato che non si può discutere in questa sede perché sarebbe troppo lungo.
6. Mi sembra di aver detto abbastanza.




