«Forza Italia non punta sui fuochi d’artificio. La nostra cifra è l’affidabilità. Abbiamo superato il trauma emotivo della morte del nostro fondatore, che non si è tramutato in un trauma elettorale, come tutti si aspettavano, e grazie a una classe dirigente esperta stiamo lavorando al ricambio generazionale. Si faccia un giro in Confindustria, in Coldiretti, in Confartigianato: tutti parlano bene di noi e contano sudi noi».
Senatore, le sono fischiate le orecchie di recente?
«Mi fischiano sempre, sono al centro del dibattito pubblico da decenni. Mi sono fischiate nelle orecchie anche le parole del maestro Riccardo Muti, che ho incontrato in Vaticano mentre riceveva da Papa Leone il Premio Ratzinger, e mi ha detto che è d’accordo con me al 99%».
Gasparri irride Francesca Albanese: "Esiste, ci dobbiamo rassegnare"
"Francesca Albanese mi ricorda una delle imitazioni del repertorio della compianta Anna Marchesini. A volte anche u...Il problema forse è proprio la lunga attività, che può far erroneamente pensare a un difficile rapporto con i giovani. Sono troppi?
«Mogol dice che vota Forza Italia grazie a me, ma lui non è giovane. Però la scorsa estate Fedez mi ha preteso nel suo podcast come attrazione per il suo pubblico. Lo ha posto come condizione per intervenire alla manifestazione dei giovani azzurri e io mi sono immolato. Sarò intergenerazionale...».
E a Pier Silvio Berlusconi lei piace?
«Le parole di Pier Silvio Berlusconi sono giuste e condivisibili. Sono uno stimolo, non un attacco. Anche io penso che Forza Italia abbia bisogno anche di facce nuove, idee nuove e una visione rivolta al futuro. È il nostro compito di classe dirigente, selezionata personalmente da Silvio Berlusconi, lavorare al futuro. Io sono capogruppo in Senato anche per volere suo e le dico che sto già lavorando per le elezioni del 2032. Quando magari il premier potrebbe essere un azzurro della generazione successiva alla mia...».
L’inaffondabile. Settant’anni l’anno che verrà, in Parlamento dal 1992, cinque legislature alla Camera e quattro al Senato, Maurizio Gasparri risponde «lavori in corso» al pubblico invito di Pier Silvio a rinnovare il partito, con particolare riferimento alla necessità di introdurre figure nuove che rappresentino il partito e, forse, anche in ruoli non solo di rappresentanza. «Invocare il processo di rigenerazione è facile», commenta il vecchio lupo di Transatlantico, «attuarlo è più difficile. Comunque ci stiamo provando». Con la casa madre Arcore, il capogruppo azzurro ostenta sintonia. «Non sono certo io quello ostile ai giovani, la storia parla», racconta. «Al congresso dei giovani di An, nel 2004, fui io a sostenere Giorgia Meloni, mentre il segretario, Gianfranco Fini, aveva un altro candidato. Non si può dire che non ho la mano felice nella pesca».
I maligni hanno ricamato sulla «gratitudine sincera» espressa da Pier Silvio al leader azzurro, Antonio Tajani, seguita dall’invito a cambiare. Un grazie e arrivederci?
«Non lo penso. Conosco Tajani dai tempi della scuola, quando eravamo entrambi minoranza e ci picchiavano un giorno sì e l’altro pure. Siamo forgiati nell’acciaio e siamo alla ricerca di chi sia fatto della nostra stessa pasta, per sostituirci un giorno. Io sono stato scelto ripetutamente dai cittadini con ogni tipo di sistema elettorale e Antonio con me. I politici si giudicano dai risultati. Forza Italia alle ultime regionali è cresciuta ovunque, pur in Campania, dove, tra gli altri, abbiamo eletto con dodicimila preferenze una consigliera appena trentenne. Facce nuove le abbiamo».
E come va la ricerca?
«Tra i vicepresidenti abbiamo due governatori di Regione che hanno vinto e rivinto, Roberto Occhiuto e Alberto Cirio. Oltre a Deborah Bergamini c’è l’ex capo dei giovani, Stefano Benigni. E poi abbiamo una nutrita pattuglia di trenta-quarantenni che alle Regionali hanno preso migliaia di voti. Non le faccio i nomi per non bruciarli o scatenare gelosie».
Quanto a Tajani?
«Mentre i giornali italiani gigioneggiavano sulle parole di Berlusconi, Antonio, alla guida di una delegazione di imprenditori, stava incontrando in India il primo ministro Narendra Modi, che governa su un miliardo e mezzo di persone. Poi è volato in Germania da Friedrich Merz, per preparare gli incontri della prossima settimana sull’Ucraina. Infine si è confrontato a Roma con Abu Mazen, per concludere con il concerto in Vaticano a fianco al Papa. Il tutto in 48 ore. Il merito di Tajani non è solo quello di aver contribuito a tenere in vita Forza Italia e addirittura aumentarne i voti.
Chi altri oggi può guidare la casa costruita da Silvio?».
Pier Silvio invoca un rinnovamento anche nei contenuti. Cosa ne pensa?
«Io sarò sempre berlusconiano, come in Francia esistono i gollisti anche se il generale De Gaulle è morto da oltre mezzo secolo. La proposta va adattata ai tempi, ma guai ad allontanarsi dall’area di riferimento. Quando Fini lo ha fatto, peraltro per distinguersi da Berlusconi, il suo nuovo partito, Futuro e Libertà, non ha raggiunto l’uno per cento e la sua prestigiosa carriera è finita. Se l’altra parte inizia ad applaudirti troppo, è finita: i tuoi non ti voteranno più e gli altri mai ti hanno votato e mai ti voteranno».
Quale futuro allora per Forza Italia?
«Berlusconi ha aggregato il centrodestra e lo ha reso per la prima volta un’area alternativa. Il nostro compito non è litigare con gli alleati ma raccogliere il voto dei moderati delusi e dei progressisti che non possono condividere la scelta estremista fatta dal Pd con Elly Schlein. Abbiamo margini di crescita a destra e a sinistra. Non tutti gli elettori di Meloni sono di destra».
Quali parole chiave per il futuro?
«Libertà e ottimismo. Io e Tajani resistiamo perché ancora giriamo con il sole in tasca».
Auspica una discesa in campo di Pier Silvio?
«Forza Italia è casa sua. Lo aspettiamo a braccia aperte, se vorrà...».
Lui vorrà, non vorrà, ma se vuole...
«Tutti possono fare politica. Lui è un grande imprenditore ed è il figlio di Berlusconi, quindi partirebbe avvantaggiato. Poi però ci vuole il lavoro quotidiano nel partito e nel palazzo. Anche Carlo De Benedetti è stato un grande imprenditore, ma non credo avrebbe preso i voti di Silvio Berlusconi, se lo avesse sfidato. Così Umberto Agnelli, che era anche più bravo del fratello, è stato in Parlamento, ma non se lo ricorda nessuno. Vent’anni fa facevo i dibattiti con Gianpiero Samorì, che si era candidato alla presidenza del Consiglio. Oggi io sono ancora qui, e Samorì? E poi...».
E poi?
«Fare politica è un lavoraccio. Io ieri mattina ero a Latina a inaugurare una sede. Oggi pranzo con 200 giovani di Forza Italia. È proprio dai giovani che siamo ripartiti dopo la scomparsa di Silvio. La prima manifestazione fu Azzurra Libertà, il 3 settembre 2023».
Silvio scese in politica a 58 anni. Pier Silvio ne ha 57...
«C’è tempo, lo ha detto anche lui. Però, se scende in politica deve prepararsi al fatto che è una scelta di vita. Spetta solo a lui prenderla».




