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Imam di Torino, la Lega sfida le toghe: "La prossima mossa. E una stretta sulle moschee"

di Fabio Rubinimercoledì 17 dicembre 2025
Imam di Torino, la Lega sfida le toghe: "La prossima mossa. E una stretta sulle moschee"

4' di lettura

È una sorta di nemesi storica quella che lega il passato e il futuro del quartiere torinese di San Salvario. Qui, nel 1821, ebbe luogo la rivolta che fu la prima scintilla degli eventi che segnarono la lotta risorgimentale per l’unità nazionale. Qui, oltre 200 anni dopo, si sta consumando lo strappo più duro tra l’Islam radicale e un pezzo di magistratura da un lato e il governo italiano dall’altro: con l’imam Mohamed Shahin espulso dopo le vergognose frasi sul 7 ottobre («non fu violenza ma una reazione ad anni di occupazione»), ma “reintegrato” da una sentenza della corte d’appello di Torino, che ha definito quelle parole «espressione di un pensiero che non integra gli estremi di reato» e che a sua volta ha fatto scattare la rabbia dell’esecutivo che si dice pronto al contrattacco giuridico. Come ci spiega in questa intervista il leghista sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni.

Onorevole Molteni qual è stata la sua reazione e quella del governo alla sentenza della corte d’appello di Torino?
«Sia chiaro, noi non abbiamo nessuna intenzione di fare un solo passo indietro. Il ministro ha fatto bene a proporre il provvedimento di espulsione per un soggetto pericoloso. Per noi la sicurezza nazionale è la priorità assoluta. Abbiamo il dovere di garantirla».

Avete già deciso le prossime mosse?
«Faremo certamente ricorso alla Corte di Cassazione. Ripeto, nessun passo indietro e nessuna concessione quando in ballo c’è la nostra sicurezza».

C’è qualcosa che l’ha colpita particolarmente in questa vicenda?
«Noto con sconcerto che nel bilanciamento di interessi, la sicurezza nazionale è sempre soccombente. E questo è un problema, soprattutto in un caso come questo che vede protagonista un soggetto pericoloso, che ha giustificato il massacro del 7 ottobre e che grazie al suo ruolo di imam ha portato parole di odio e violenza all’interno della sua comunità. Le sue frasi sul pogrom ad opera dei terroristi di Hamas sono di una gravità ingiustificabile».

Dopo lo choc per la sentenza e il ricorso, cos sta facendo il governo per contrastare l’islam zione che sembra ava re inesorabile nel n Paese?
«Abbiamo presentato un altro pacchetto di misure sul modello dei decreti sicurezza. In particolare ci sono norme per facilitare la chiusura delle moschee abusive, vietare il velo islamico simbolo di sottomissione per le donne. E ancora dovrà essere istituito l’albo degli imam e le prediche nelle moschee regolari dovranno avvenire in lingua italiana. Infine ci dovranno essere dei meccanismi per rendere trasparenti e tracciabili i finanziamenti alle associazioni islamiche».

Queste norme, però, aprono un altro tema piuttosto dibattuto. Perché solo l’Islam tra le grandi religioni monoteiste non ha firmato il Concordato con lo Stato italiano?
«Chiediamoci piuttosto perché loro non lo vogliono firmare: se le comunità islamiche vogliono vivere in Italia secondo le regole della Sharia, facendosi giustizia da soli e negando i più basilari diritti civili alle donne, beh noi non possiamo certo fare finta di nulla. Ci sono molte altre religioni che hanno aderito al Concordato e che hanno un dialogo con l’Italia fatto di doveri, ma anche di diritti. Le comunità islamiche invece rifiutano di firmare l’accordo. Ecco, fino a quando non lo faranno non concederemo loro nemmeno un millimetro di spazio».

Questa posizione non rischia di essere confusa per una battaglia di tipo religioso, da parte di uno Stato che per sua natura dev’essere laico?
«No, la nostra non è una battaglia religiosa, ma culturale, di difesa della nostra identità, della nostra cultura, della nostra storia, della nostra libertà e della nostra democrazia. Senza il Concordato nulla verrà loro concesso. Nulla».

Sottosegretario Molteni, c’è un collegamento tra islam radicale e l’immigrazione irregolare che flagella le nostre coste e quelle dei Paesi del Mediterraneo?
«Certamente. Ed è il motivo per il quale negli ultimi decreti sicurezza abbiamo messo nero su bianco una serie di strette. La prima è quella che riguarda il ricongiungimento familiare: siamo lo Stato europeo che ne fa di più. Ora la musica cambierà. La seconda riguarda l’accoglienza dei minori non accompagnati e poi c’è la stretta sulla revoca della cittadinanza. Con le nuove regole sarà più facile perderla e questo dovrebbe fare un po’ da deterrente».

A propositi di immigrazione incontrollata, come va con sbarchi e rimpatri? La sinistra (che li ha favoriti con le sue politiche lassiste) accusa il governo di parlare, ma di non fare. Che risponde?
«Che al contrario questo governo sta facendo molto. Io rivendico con orgoglio la riduzione degli sbarchi del 60% rispetto al 2023. E per quanto riguarda i rimpatri, invece, per fine dicembre sfonderemo la soglia dei 6mila, con un incremento di rimpatri del 20% rispetto allo scorso anno e rispetto a due anni fa. Altro che non facciamo niente...».