"L'inchiesta che piace alla destra". Chissà, forse il titolo piuttosto sconcertante de Il Domani è un modo, elegante e velato, per sottolineare il contrario: quella che ha portato all'arresto di Mohammad Hannoun, presidente dell'Associazione Palestinesi in Italia, e altre 8 persone tutte accusate di finanziamenti ai terroristi di Hamas, è soprattutto una inchiesta "che non piace alla sinistra".
D'altronde, è sotto gli occhi di tutti e decisamente imbarazzante il legame che univa Hannoun e la galassia pro-Pal a esponenti di spicco del mondo delle opposizioni e delle istituzioni. Sindaci come Beppe Sala a Milano e Silvia Salis a Genova non hanno mai fatto mancare il loro appoggio alle iniziative di Hannoun a favore di Gaza e contro Israele. E vari onorevoli di Partito democratico, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra si sono prestati al ruolo di testimonial per le associazioni umanitarie e benefiche tutte riconducibili ad Hannoun e alla sua cerchia. Il 70% dei fondi raccolti da quelle associazioni, sostengono gli inquirenti di Genova, non andavano agli abitanti di Gaza o della Cisgiordania ma direttamente ad Hamas, per alimentare le loro attività militari e terroristiche.

Ovviamente nessuno può né deve accusare i politici di sinistra di connivenza con i tagliagole, ma da un punto di vista politico la colpa di estrema leggerezza e superficialità nell'associare volti e nomi a personalità assai chiacchierate come quella di Hannoun, e non certo da pochi mesi, richiederebbe perlomeno la capacità di fare ammenda e chiedere scusa agli elettori e all'opinione pubblica in generale. Invece, mentre la stampa d'area sembra minimizzare, c'è chi si offende per il fatto che oggi qualche esponente della maggioranza lo colleghi ad Hannoun e chi, come la dem Debora Serracchiani, accusa addirittura la destra di aver "strumentalizzato il caso".




