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Roma, inchiesta Mafia Capitale: "Immigrati e rom rendono più della droga", le intercettazioni che svelano il business

Giulio Bucchi
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Da ieri a Tor Sapienza sanno chi debbono ringraziare per tutto quel che è accaduto in questi mesi. Ha un nome e un cognome: Luca Odevaine. Era il vicecapo di gabinetto di Walter Veltroni quando era sindaco di Roma. Poi è stato nominato dall'Unione delle province italiane al tavolo del ministero dell'Interno che coordina l'emergenza immigrati. Un funzionario pubblico di area Pd di alto livello, che presiedeva pure una fondazione, la Integra/Azione, che si occupava di mediazione culturale con gli immigrati. Che però era al servizio di quella che la procura di Roma ha definito la «Mafia Romana»: riceveva per i favori al sodalizio, e in particolare per quelli fatti all'imprenditore Salvatore Buzzi - a capo di un vero impero travestito da coop che viveva sul business degli zingari e dell'immigrazione - un regolare stipendio in nero di 5 mila euro al mese. E in più soldi legati alle operazioni straordinarie che avrebbero portato vantaggi economici a Buzzi & c. Perché bisognerebbe fare conoscere agli abitanti di Tor Sapienza l'alto ex collaboratore di Veltroni? A spiegarlo è lo stesso Oldevaine durante un colloquio del 27 marzo 2014 con un collaboratore di Buzzi, il re della gestione immigrati. «Ah... lo Sprar a Roma...», sospira lui. Sprar è sigla che sta per «Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati». Si è aggiunta proprio durante l'operazione «Mare nostrum» alle tante sigle dell'emergenza immigrazione. Quel sistema serviva proprio ad affrontare le nuove emergenze, in particolare i flussi che arrivavano dalla Siria e dalla Libia in guerra: le migliaia di rifugiati richiedenti asilo. Nuova manna per Buzzi e la mafia romana, che già avevano approntato i loro «centri di accoglienza» per siriani e libici. «Ah, lo Sprar a Roma», sospirava dunque l'ex vicecapogabinetto di Veltroni, «I posti Sprar che si destinano ai comuni in giro per l'Italia fanno riferimento a una tabella tanti abitanti tanti posti Sprar... per quella norma a Roma toccherebbero 250 posti... che è un assurdo... pochissimo per Roma, no?... allora... una mia... un mio intervento al Ministero (inc.) immigrazione (inc.) ha fatto in modo che... lo Sprar a Roma... fosse portato a 2.500 (omissis) per cui si sono presentati posti per 2.500 posti... di cui loro... secondo me ce n'hanno almeno un migliaio». Tradotto in parole povere: a Roma erano destinati 250 rifugiati. Ma il funzionario di area Pd corrotto li ha fatti lievitare fino a 2.500 posti, in modo che almeno mille finissero nelle case accoglienza di Buzzi e della mafia romana, prendendo da loro la percentuale concordata. Un business quello dei rifugiati, degli zingari e degli immigrati. Che nasce quando alla guida di Roma c'era Gianni Alemanno (era Buzzi ad avere costruito le nuovi sedi per i rom che l'allora sindaco sgomberava dai vari campi), e prosegue e prospera quando in Campidoglio sale Ignazio Marino. Non era un problema il cambio di maggioranza, tanto che Buzzi viene intercettato a primavera 2013 proprio sotto elezioni, e confida a un amico: «e se sbagli investimento, se punti sul cavallo sbagliato... mò c'ho quattro… quattro cavalli che corrono... col Pd, poi con la Pdl ce ne ho tre e con Marchini c'è... c'ho rapporti con Luca (Odevaine, ndr) quindi va bene lo stesso... lo sai a Luca quanto gli do? 5mila euro al mese…» . Costa un po' la corruzione. Però il business dei campi rom e dell'accoglienza dell'immigrato o del rifugiato rende assai di più. Ancora una volta è Buzzi a dare un'idea chiara, intercettato in un colloquio con la sua collaboratrice Piera Chiaravalle. «Lo sai quanto ci guadagno sugli immigrati?», chiede l'imprenditore - cooperatore all'amica. E insiste, ripetendo tre volte: «Tu... tu c'hai idea? Tu c'hai idea? Tu c'hai idea?». Lei obietta: «Perché su Tivoli non è che un cantiere che ti guadagna miliardi!». E Buzzi insiste: «Apposta tu c'hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Eh..». Piera si arrende: «Non c'ho idea...». L'imprenditore la gela: «Il traffico di droga rende di meno... E allora!». In altra occasione Buzzi torna a fare capire quanto si trasformi in banconote fruscianti per lui potere inviare siriani, libici, tunisini, iracheni, rom a Corcolle e Tor Sapienza. In questo caso è nella sua Audi con un amico a chiacchierare. E spiega: «Noi quest'anno abbiamo chiuso... con quaranta milioni di fatturato ma tutti i soldi… gli utili li abbiamo fatti sui zingari, sull'emergenza alloggiativa e sugli immigrati, tutti gli altri settori finiscono a zero». Annotano gli inquirenti: «L'attività investigativa svolta ha evidenziato che la gestione dell'emergenza immigrati è stato ulteriore terreno, istituzionale ed economico, nel quale il gruppo riconducibile a Buzzi si è insinuato con metodo eminentemente corruttivo, alterando per un verso i processi decisionali dei decisori pubblici, per altro verso i meccanismi fisiologici dell'allocazione delle risorse economiche gestite dalla pubblica amministrazione. Un'attività rendicontata da Buzzi a Carminati (Massimo Carminati, ex Nar in collegamento con la Banda della Magliana, ndr), che mostra un diretto interesse nelle vicende, a dimostrazione ulteriore del suo essere shareholder dei soggetti economici riconducibili al primo». Si guadagna con rom e immigrati. E ci guadagnano anche i politici, che prendono la loro stecca. Ma fa parte del business, sostiene Buzzi, che confidava a Carminati la sua filosofia: «Tu devi essere bravo perché la cooperativa campa di politica, perché il lavoro che faccio io lo fanno in tanti, perché lo devo fare io? Finanzio giornali, faccio pubblicità, finanzio eventi, pago segretaria, pago cena, pago manifesti, lunedì c'ho una cena da ventimila euro pensa...». di Franco Bechis

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