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Franco Tancredi: "Vi dico qual è il segreto per parare un rigore"

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Ignazio Stagno
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Franco Tancredi, come si para un rigore? «Devi avere molto intuito. Studi l'attaccante, cerchi di capire cosa vuol fare. Poi servono la reattività e la predisposizione mentale a non darsi battuto». Qual è l'insegnamento che le è stato più utile per neutralizzare un penalty? «Me lo diede Nils Liedholm. Mi diceva: “Rimani fermo fino alla fine”. Se lo fai, per il tiratore si complica la vita. Molti rigoristi rallentano la rincorsa per cogliere in fallo in portiere: ma se ciò non accade, sono guai per chi deve segnare. Per questo, penso sia più complicato parare un rigore un calciatore che non interrompe la rincorsa». La stupisce il rendimento di Handanovic? «Per niente. Già tre anni fa, quando ero preparatore dei portieri della Roma, lo consigliai alla società. È un portiere con grande forza ed esplosività. E sa parare i rigori: è una caratteristica, come essere bravo nelle uscite. Con la sua altezza copre tutta la porta, ma il baricentro basso gli permette di essere molto rapido». Il rigore di cui è più orgoglioso? «La serie di penalty che parai nella finale di Coppa Italia contro il Toro nel 1980: quattro di fila. Il grande rammarico rimane la finale di Coppa Campioni del 1984 contro il Liverpool. Ma non avrei mai distratto l'avversario come Grobbelaar: un portiere deve essere concentrato su quello che deve fare». Un giocatore che credeva imparabile? «Baggio. Era difficile neutralizzare i suoi rigori, ma ci riuscii in un Roma-Fiorentina. Sapevo dove avrebbe tirato, l'avevo studiato. Se ti guardava, apriva il piattone. Se aveva la testa bassa, invece, incrociava». F. P. G.

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