Pipì a letto, un disturbo da curare“Iniziamo a parlarne col pediatra”
Più di un milione di bambini soffre di enuresi ma si fa molta fatica a comprendere e a contrastare questa condizione perché spesso i genitori sono vittima di preconcetti erronei
Spesso erroneamente indicato come un problema di comportamento, quello di bagnare il letto dopo i 5 anni è in verità un disturbo fisiologico per il quale ad oggi esistono terapie ma di cui purtroppo non si riesce ancora a parlare in modo adeguato. Un incontro con la stampa tenutosi a Roma, eloquentemente intitolato ‘Enuresi notturna nel bambino e l'importanza di contrastarla', ha voluto squarciare il velo del silenzio che avvolge questa condizione, fonte – nei bambini ma non solo - di problemi a livello fisico e psicologico che rischiano di durare anche tutta la vita. A volere l'incontro è stata la Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps) e in collaborazione con l'Associazione di iniziativa parlamentare e legislativa per la salute e la prevenzione, sulla base dei preoccupanti dati sul fenomeno: un milione e duecentomila bambini e adolescenti tra i 5 e i 14 anni di età bagnano il letto mentre dormono e lo fanno anche 700mila adulti che soffrono del problema e che sono dimenticati da tutti. Gran parte di questi ultimi non furono presi in carico dai pediatri quando l'insorgenza di questo disturbo avrebbe potuto essere fermata. “L'enuresi è un disturbo ancora non adeguatamente compreso e riconosciuto – ha dichiarato il dottor Giuseppe Di Mauro, presidente della Sipps – e va detto che, nonostante una diffusione elevata, è sottostimato e sotto-trattato, se si pensa che due bambini su tre non vengono correttamente diagnosticati e di conseguenza curati. Insieme al ruolo di vigilanza delle famiglie – ha proseguito Di Mauro - centrale resta quello del pediatra che già dopo il compimento del quinto anno d'età, senza lasciar passare troppo tempo, alla prima occasione di una visita o di un bilancio di salute, con poche e semplici domande, potrebbe e dovrebbe verificare se il bambino bagna il letto e quindi fosse bisognoso di adeguati interventi”. “Un altro dato preoccupante – ha aggiunto la professoressa Maria Laura Chiozza, urologa pediatra del dipartimento di pediatria all'università di Padova – è quello secondo il quale, da studi recenti, risulta che il 60 per cento dei bambini con enuresi non viene sottoposto a visita pediatrica, il che significa che oltre 700 mila non sono presi in carico per il loro problema”. Un fatto, questo, di estrema gravità se si pensa che contrastare il disturbo precocemente non solo consentirebbe di superare il disagio e l'imbarazzo che colpisce chi ne soffre – l'enuresi infatti compromette seriamente l'autostima del bambino ed è motivo di frustrazione in ambito familiare e scolastico – ma potrebbe evitare la successiva insorgenza di altre complicanze che possono manifestarsi in età adulta. Come detto si tratta infatti di una condizione fisiologica ‘carsica': se la competenza minzionale dopo i 5 anni di età non è stata ancora del tutto acquisita può dipendere da una vescica troppo piccola oppure da un ‘errore' nel ritmo circadiano – che, se ben funzionante, regola anche la produzione di urina portandone la produzione a livelli ridotti durante il riposo notturno - del bambino. Durante la pubertà i problemi sembrano cessare, ma se ciò avviene è perché lo sviluppo ormonale apporta dei cambiamenti nell'apparato urogenitale che ‘mascherano' questa condizione andando a rafforzare la vescica. Con l'avanzare dell'età e la diminuzione degli ormoni ecco che l'enuresi notturna rischia di ricomparire. L'informazione circa questo disturbo è quindi fondamentale, affinché i genitori possano averne reale consapevolezza, superando alcuni preconcetti che spesso li portano a sottovalutare il disturbo o, volutamente, a non dichiararlo per un ingiustificato senso di vergogna o per il fatto di considerarlo erroneamente un disturbo psicologico, destinato a risolversi in maniera del tutto spontanea con il passare del tempo. “Nuove conoscenze e nuove terapie ci permettono di offrire una risposta importante ed efficace alla richiesta di aiuto per uscire dall'enuresi – ha sottolineato Chiozza – un disturbo che, oltre a minare l'autostima e la crescita sociale dei bambini che ne sono colpiti, rappresenta un peso enorme per le loro famiglie. Parlarne al proprio pediatra è importante per garantire una crescita serena ai propri figli e un futuro di continenza urinaria di cui saranno certamente grati ai propri genitori”. L'enuresi è dunque un paradigma che congloba in sé aspetti eterogenei e talvolta contraddittori: senza essere una malattia può essere altrettanto devastante, è progressivo e ingravescente pur manifestandosi sempre con le stesse modalità, ha ripercussioni sul piano psico-emotivo pur essendo dovuto a fattori organici, è risolvibile ma troppo spesso prevale un atteggiamento di inerzia e infine genitori e bambini tendono a nasconderla a dispetto della sua elevata diffusione. Occorre dunque vincere questo muro di omertà e divulgare il messaggio che la strategia più corretta ed efficace passa soltanto attraverso il dialogo e la tempestività di un approccio multifattoriale e polivalente. (MATILDE SCUDERI)