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Web dipendenze e cyberbullismoora hanno una 'giornata nazionale'

Il rapporto con la tecnologia non è sempre sano, soprattutto quello dei giovanissimi che rischiano gravi ripercussioni psicologiche – e non solo – a causa della loro ‘iperconnessione'

Maria Rita Montebelli
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Oggi più che mai è necessario porre l'accento sulle distorsioni del rapporto con la tecnologia: secondo un recente sondaggio online condottoda Dite su un campione di 500 persone di età compresa tra i 15 e i 50 anni emerge che il 51 per cento dei ragazzi tra i 15 e i 20 anni ha difficoltà a prendersi una pausa dalle nuove tecnologie, controllano in media lo smartphone 75 volte al giorno e il 7 per cento di loro lo fa fino a 110 volte al giorno, ammettendo inoltre di non riuscire a prendere una pausa dal device di almeno 3 ore nel 79 per cento dei casi. Inoltre, non riescono ad abbandonare il bisogno di guardare lo smartphone, magari per chattare anche durante le ore notturne. Gli adulti non sono così distanti dai giovani, il 49 per cento degli over 35 non sa stare senza cellulare, verifica se sono arrivate notifiche o messaggi almeno 43 volte al giorno, di cui un 6 per cento arriva a sfiorare le 65 volte, e di stare 3 ore senza buttare un occhio sullo schermo non se ne parla per il 58 per cento di loro. Sono numeri allarmanti, emersi nel corso della prima edizione della Giornata nazionale sulle dipendenze tecnologiche e sul cyberbullismo, organizzata dall'Associazione nazionale dipendenze tecnologiche, gap e cyberbullismo (Dite) in collaborazione con la Cooperativa sociale vivere verde onlus, finalizzata a porre l'attenzione sulle dipendenze tecnologiche e sul loro corretto utilizzo, oltre che sui rischi che queste possono provocare. “Tutto quello che si fa lo si vuole condividere subito. Senza pensare alle conseguenze che ricadranno su di sé né tanto meno sugli altri. La tecnologia ci permette di vivere tutto in modo in modo mediato, anche la paura e o un evento traumatico, e quindi di non viverlo sulla pelle, perché il corpo in questa dimensione non è presente. Non ci sono emozioni in quello spazio virtuale, e nulla è realmente condiviso. È mostrato, punto. Quando un adolescente filma qualcosa in realtà non sta provando alcuna emozione reale – ha dichiarato Giuseppe Lavenia, presidente Dite - avendo sempre la tecnologia a disposizione i rapporti face-to-face non esistono più ed i ragazzi durante la giornata non hanno più il tempo di svolgere alcuna attività. Questa condizione facilita la ricerca di socializzazione nelle ore notturne, da qui nasce il vamping (che letteralmente vuol dire ‘fare il vampiro') fenomeno in notevole aumento che consiste proprio nell'attendere le ore notturne per connettersi sui social, sacrificando il corretto riposo. Proprio per questo i genitori hanno il dovere di vigilare sull'utilizzo che i loro figli fanno della tecnologia”. Una deriva estrema è rappresentata dal fenomeno ‘hikikomori', termine giapponese che significa letteralmente ‘stare in disparte, isolarsi'. Dal Giappone – paese che ha vissuto uno sviluppo tecnologico precoce e repentino – gli hikikomori si sono diffusi anche in occidente e - nonostante non siano disponibili ad oggi dati certi sulla prevalenza del fenomeno - nel nostro paese il numero di giovani coinvolti sarebbe compreso tra i 30mila e i 50mila secondo alcune stime non ufficiali. “Gli hikikomori sono ragazzi e giovani adulti, di età compresa tra i 13 e i 35 anni, che decidono volontariamente di vivere reclusi nelle proprie stanze, evitando qualsiasi tipo di contatto col mondo esterno, familiari inclusi. Si tratta di una sorta di auto-esclusione dalla società odierna, le cui pressioni e richieste vengono percepite come insostenibili – ha spiegato Stefano Galeazzi, psicologo e responsabile della Cooperativa vivere verde - Insieme a Giuseppe Lavenia, direttore scientifico della cooperativa, abbiamo predisposto il servizio diurno, un servizio psico-educativo con l'obiettivo di garantire un intervento psicologico personalizzato ai giovani coinvolti ed alle loro famiglie. Il programma si svolge in diverse fasi e si avvale dell'utilizzo di numerosi strumenti e tecniche terapeutiche”. “Al giorno d'oggi si ricorre al click con molta superficialità, un click agito ma non pensato che non porta gli artefici a ragionare sulle conseguenze che può generare quel gesto – ha dichiarato Alberto Pellai, medico, psicoterapeuta e ricercatore dell'università degli studi di Milano - Si clicca sotto una pulsione emotiva, agendo in maniera del tutto inconsapevole. Le statistiche ci mostrano che il 30 per cento di coloro che sono stati vittime di cyberbullismo diventano a loro volta dei cyberbulli. Assistiamo al passaggio da vittima a carnefice. Internet non fa distinzione. È un luogo dove tutto è accessibile a tutti allo stesso modo, la stessa risposta e informazione cercata sul web è fruibile indistintamente sia per il bambino che per l'adulto”. “Lo stress derivante dal non maneggiare correttamente la tecnologia ha delle ripercussioni anche sulla nostra salute. Dobbiamo prenderci più cura di noi stessi. È giusto chiederci qual è il prezzo da pagare per essere così abili con la tecnologia– ha affermato Massimo Gualerzi, professore dell'università studi di Parma - Il rischio è quello di mettere in secondo piano i nostri bisogni perché anestetizzati dalla nostra routine. Dobbiamo imparare a riconoscere i segnali che il nostro corpo ci manda. Ogni tanto è necessario prendersi una pausa, staccare la spina e chiedersi cosa veramente vogliamo. Quando siamo immersi nei nostri pensieri tendiamo a mettere in secondo piano e a non considerare i nostri bisogni. Oggi siamo circondati da un eccessivo e cattivo utilizzo della tecnologia, molto spesso anche in età troppo precoce, che può condizionare e alterare i nostri bioritmi. Oggi non seguiamo più il flusso della giornata. Quante volte si salta il pranzo o alteriamo l'orario per andare a letto pensando di approfittare delle ore serali per lavorare? Questo stress il nostro corpo non ce lo rende “gratuitamente”. “Le dipendenze tecnologiche, da internet, smartphone e tablet, saranno le malattie mentali del futuro. Per questo ritengo importante che si parli di una legge anche per le dipendenze tecnologiche. Noi come associazione, grazie al supporto di psicoterapeuti attenti e competenti, che hanno maturato in molti anni e direttamente sul campo l'expertise nel trattamento delle patologie internet correlate, affrontiamo il disagio psicologico e sociale a cui queste conducono sempre più di frequente; partendo dalla consapevolezza che la tecnologia, i social network, gli smartphone, i tablet e la rete hanno un ruolo di primo piano nella quotidianità di tanti, a qualsiasi età. Di recente l'associazione Dite ha istituito il numero verde 800 770960, attivo dal lunedì al venerdì, dalle ore 9.00 alle ore 20.00, per offrire una consulenza specialistica gratuita alle persone che soffrono di disagi causati dalle dipendenze tecnologiche, gioco d'azzardo e cyberbullismo” ha concluso Lavenia. Un emozionante Paolo Ruffini, conduttore televisivo, comico, regista e sceneggiatore italiano, ha chiuso il convegno interpretando il monologo ‘Le parole dell'odio'. (MATILDE SCUDERI)

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