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La 'fragilità ossea' si può curare: non aspettare! #failaprimamossa

Al via la più grande iniziativa nazionale sulla fragilità ossea che vede riunite 10 società scientifiche, Federfarma e 2 associazioni di pazienti. Una testimonial d'eccezione si è prestata, l'attrice Laura Morante

Maria Rita Montebelli
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E' Laura Morante la testimonial della più grande iniziativa di sensibilizzazione sulla prevenzione della fragilità ossea mai realizzata in Italia, che ha riunito 10 società scientifiche specialistiche e di medicina generale, Federfarma, l'Associazione Nazionale Malati Reumatici (Anmar Onlus) e Senior Italia Federanziani, realizzata grazie al supporto incondizionato di AbiogenPharma e Italfarmaco. All'insegna dello slogan 'FAI LA PRIMA MOSSA. CURA LE TUE OSSA' la famosa attrice e regista, tra le più amate ed apprezzate del cinema italiano, presta per la prima volta il suo volto per sensibilizzare sulla fragilità ossea e promuoverne la prevenzione primaria e secondaria. Presente con uno spot in tv e pubblicità sui principali quotidiani e magazine a partire da questo mese di marzo, la Campagna si rivolge in modo particolare agli over 50 che rappresentano la parte della popolazione più a rischio di fragilità ossea. Ai tradizionali strumenti advertising sono stati affiancati materiali informativi messi a disposizione nei centri anziani distribuiti sul territorio nazionale, un sito web con consigli pratici per pazienti e caregiver ed una pagina Facebook. Perché parlare di fragilità ossea? “Siamo di fronte ad una vera e propria emergenza di salute destinata a crescere nei prossimi anni a causa del progressivo invecchiamento della popolazione – ha spiegato il professor Stefano Gonnelli, ordinario di Medicina Interna, Università di Siena e membro del Coordinamento Scientifico dell'iniziativa - in Italia solo nel 2017 sono state 560 mila le nuove fratture da fragilità, con un costo per il Servizio sanitario di 9,4 miliardi di euro; in assenza di strategie preventive si prevede che aumentino del 22,6 per cento nel 2030 portando la spesa sanitaria a 11,9 miliardi. L'impatto clinico e socio-economico è ancora maggiore se si considera che una frattura iniziale (peraltro non sempre diagnosticata) aumenta significativamente il rischio di fratture successive e può dare inizio ad una cascata fratturativa che porta ad un peggioramento dello stato di salute della persona e ad una progressiva perdita di autonomia e qualità di vita, oltre che ad un aumento dei costi per l'assistenza sanitaria e ad un maggiore rischio di mortalità. È dunque necessario individuare strategie indirizzate verso l'active ageing e tese a garantire anni vissuti in buona salute e senza limitazioni dell'autonomia personale”, ha concluso Gonnelli. Le fratture da fragilità non sono un inevitabile segno dell'invecchiamento, ma sono una conseguenza dell'osteoporosi che porta al progressivo indebolimento delle ossa, e devono essere gestite come eventi clinici prevenibili. Nella gestione delle fratture da fragilità gli aspetti da migliorare vanno dalla diagnosi di osteoporosi, che il più delle volte avviene solo dopo il ricovero causato da una frattura da fragilità, alla gestione del paziente. L'informazione mirata poi è una tra le frecce indispensabili per contrastare il dilagare della malattia e poterla prevenire, conoscendone i fattori di rischio. “Sappiamo che le fratture da fragilità sono un ostacolo per l'invecchiamento in buona salute e si ripercuotono sull'indipendenza e sulla qualità di vita, causando disabilità significative e rendendo difficile la vita quotidiana anche nelle sue piccole attività. Sappiamo anche che esiste un impatto psicologico importante successivo all'intervento chirurgico – ha sottolineato Silvia Tonolo, presidentessa dell'Associazione Nazionale Malati Reumatici (Anmar Onlus) – Con questa iniziativa vogliamo aggiungere un piccolo, ma utile tassello alla consapevolezza e all'informazione sul modo più semplice per ridurre i rischi di fratture da fragilità. Basta adottare comportamenti salutari, a partire da un'alimentazione corretta, impegnarsi a svolgere quotidianamente attività fisica, non fumare e non eccedere con l'alcol e serve intercettare il paziente in fase precoce di malattia. Vogliamo anche sensibilizzare sul fatto che in caso di precedente frattura è bene parlare con il proprio medico per ricercare la soluzione migliore per evitare nuovi episodi”. Nei soggetti ad alto rischio di frattura o in caso di una frattura da fragilità pregressa, infatti, gli interventi sullo stile di vita non sono da soli sufficienti. “Le fratture da fragilità devono essere riconosciute il più presto possibile e considerate come una priorità per la sanità pubblica con lo scopo di ottimizzare gli interventi, sia preventivi che farmacologici, e migliorarne la prevenzione secondaria finora trascurata – ha precisato il professor Salvatore Minisola, ordinario di Medicina Interna, Università La Sapienza di Roma  e membro del Coordinamento Scientifico dell'iniziativa - È indubbio che un paziente con una o più evidenti fratture da fragilità debba essere considerato affetto da una osteoporosi severa e, alla luce dell'elevato rischio di andare incontro ad un'altra frattura nei 12-24 mesi successivi alla iniziale frattura da fragilità, vada gestito attraverso percorsi assistenziali che lo supportino dopo la dimissione ospedaliera. Ciò vale soprattutto per la prevenzione secondaria, affiancando un'adeguata terapia farmacologica, prescritta dal medico e personalizzata in base alle specifiche caratteristiche del paziente, ad una supplementazione di calcio e vitamina D che massimizzino l'efficacia dei farmaci”. (FABRIZIA MASELLI)

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