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Italia: Obinutuzumab approvato per i pazienti a rischio medio-alto

Il farmaco di Roche ha dimostrato una riduzione del rischio di progressione o morte per linfoma follicolare del 34 per cento rispetto al trattamento con rituximab e del 46 per cento del rischio relativo di progressione precoce entro 24 mesi

Maria Rita Montebelli
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Arriva anche in Italia l'indicazione in prima linea di obinutuzumab in associazione a chemioterapia seguito da obinutuzumab in mantenimento per il trattamento del linfoma follicolare avanzato non pretrattato, con rimborsabilità per i pazienti a rischio intermedio e alto, secondo il Follicular lymphoma International prognostic index (Flipi). Sono circa due su tre (il 64 per cento) i pazienti con linfoma follicolare considerati a maggiore rischio di incorrere in una progressione della malattia o di morire entro 5 anni dalla diagnosi rispetto ai restanti pazienti a rischio basso. Il linfoma follicolare è la seconda forma più comune di linfoma non-Hodgkin. Questo tumore ematologico progredisce molto lentamente vista la sua natura indolente e i sintomi appaiono in maniera graduale ritardando spesso la diagnosi che arriva, per la maggior parte dei pazienti, quando la malattia è già in uno stadio avanzato. La nuova indicazione di obinutuzumab è basata sui risultati dello studio GALLIUM, che ha dimostrato come il trattamento con obinutuzumab più chemioterapia seguito da obinutuzumab in mantenimento migliori la sopravvivenza libera da progressione rispetto allo standard di terapia (rituximab più chemioterapia seguito da rituximab in mantenimento), con una riduzione del rischio di progressione di malattia o di morte del 34 per cento. I risultati degli endpoint secondari e delle analisi esploratorie condotte sui pazienti arruolati hanno confermato il valore del risultato primario. In modo particolare l'associazione di obinutuzumab è stata in grado di ridurre del 46 per cento il rischio relativo di una progressione precoce rispetto a rituximab (POD24). Inoltre i pazienti trattati con obinutuzumab hanno una riduzione del 32 per cento del rischio di incorrere in un secondo trattamento antineoplastico (TTNT). Recentemente il National Institute for Health and Care excellence (Nice) ha sancito che obinutuzumab presenta un rapporto positivo tra costo ed efficacia e un vantaggio specifico per i pazienti con rischio FLIPI intermedio e alto. “Lo studio Gallium ha dimostrato che una terapia in prima linea con obinutuzumab e chemioterapia seguita da mantenimento con obinutuzumab, comporta un vantaggio significativo in termini di sopravvivenza libera dalla progressione della malattia e in particolar modo un rischio notevolmente inferiore, di quasi il 50 per cento, di avere una progressione del linfoma follicolare a 24 mesi (POD24) – ha dichiarato il professor Antonello Pinto, direttore del Dipartimento di Ematologia e terapie innovative dell'Istituto Nazionale Tumori,  IRCCS Fondazione Pascale di Napoli – Quest'ultimo dato è ancor più rilevante per i pazienti con linfoma follicolare perché l'assenza di POD24 è quella che proietta i pazienti verso una sopravvivenza globale simile, se non identica, a quella di una popolazione di controllo, analoga per età, sesso e altri fattori di rischio (stile di vita, comorbidità, e così via), non affetta da questa neoplasia. L'obiettivo di questa soluzione terapeutica è dunque anche quello di fare in modo che, pur in presenza del rischio di recidiva, l'intervallo di tempo tra la terapia di prima linea e la successiva sia il più lungo possibile, per permettere ai pazienti di avere un miglioramento in termini di qualità della vita e che quindi la loro quotidianità si avvicini il più possibile a quella che sarebbe in assenza del linfoma follicolare”. Il Linfoma Follicolare: la prospettiva dei pazienti. Il linfoma follicolare è la forma più comune tra i linfomi indolenti e rappresenta circa il 30 per cento di tutti i linfomi non-Hodgkin. Ad oggi è considerato una malattia incurabile, con un andamento recidivante-remittente, con riduzione del tempo libero da malattia ad ogni successiva ricaduta e con il rischio di sviluppare una trasformazione della malattia da linfoma indolente ad una forma di linfoma più aggressiva. La ricomparsa della malattia, dovuta al suo decorso cronico, rappresenta la fonte di maggior preoccupazione per i pazienti affetti da linfoma follicolare. Lo confermano i dati dell'indagine condotta dell'Elma Research su un campione di 10 medici, 40 pazienti e 40 caregiver nel periodo compreso tra giugno e novembre 2018. Secondo l'indagine, la paura del rischio di recidive viene interiorizzata dai pazienti durante tutto il percorso terapeutico ed è proprio l'imprevedibilità del linfoma follicolare a destabilizzare il vissuto di chi vive con questa patologia. Il 60 per cento dei pazienti intervistati ha infatti manifestato la propria paura nei confronti della possibilità di un peggioramento o di un ritorno della malattia. Il 63 per cento dei pazienti ha inoltre dichiarato che, dalla loro prospettiva, una buona qualità della vita è rappresentata da un maggior tempo libero dalla progressione della malattia o dal riuscire a svolgere tutte le normali attività quotidiane. La ricerca si è concentrata anche sui caregiver, quelle figure che vivono al fianco del paziente il percorso terapeutico: il supporto psicologico viene considerato l'aspetto più complesso da affrontare, insieme alla necessità di contenere le proprie paure e preoccupazioni per assistere al meglio la persona cara. “Come associazione pazienti siamo lieti che ci sia una soluzione terapeutica innovativa che permette da un lato di avere una risposta migliore e più duratura nel tempo e dall'altro che sia resa finalmente rimborsabile per i pazienti con linfoma follicolare a rischio intermedio e alto – ha dichiarato Felice Bombaci, presidente del 'Gruppo Pazienti Ail' - Questa innovazione terapeutica permette infatti di infondere più fiducia nei pazienti e rappresenta un'arma in più anche per i medici, perché li aiuta ad aiutare i pazienti sia sul piano terapeutico sia sul piano psicologico. Per chi vive con il linfoma follicolare è importate ritrovare la fiducia e la speranza che si riduca il rischio della progressione della malattia: ciò significa tornare a vivere una quotidianità diversa in termini di qualità della vita”. “L'ascolto dei pazienti, che sono portatori di un'esperienza di vita reale, è una dimensione estremamente importante per chi vive con la malattia e per chi gli sta accanto durante tutto il percorso terapeutico – ha dichiarato Davide Petruzzelli, presidente dell'Associazione pazienti 'La Lampada di Aladino' – Il punto di vista dei pazienti e le soluzioni terapeutiche devono dunque necessariamente andare di pari passo: obinutuzumab rappresenta un'innovazione terapeutica che ha un impatto notevole su chi vive con il linfoma follicolare e su chi sta loro accanto perché permette affrontare questo percorso con un minore livello di ansia, alleviandone alcune paure e preoccupazioni legate alla recidiva e alla progressione della malattia”.  “Ogni anno investiamo oltre 40 milioni di euro in ricerca clinica – ha dichiarato Federico Pantellini, direttore medico dell'unità onco-ematologia in Roche Italia – Questo testimonia l'impegno di Roche a sviluppare opzioni di trattamento innovative per persone affette da malattie con bisogni insoddisfatti, come le neoplasie ematologiche. La nostra ricerca in ematologia e in particolare nei linfomi, sta valutando diversi approcci sperimentali con importanti potenzialità, come l'utilizzo di anticorpi monoclonali coniugati a farmaci e di anticorpi bi-specifici diretti verso nuovi bersagli molecolari. Obinutuzumab ha dimostrato di migliorare significativamente il tempo libero da malattia nei pazienti con linfoma follicolare in prima linea di terapia rispetto allo standard di cura e la sua disponibilità in Italia, per i casi a rischio intermedio e alto, rappresenta un'importante opportunità terapeutica. Questi risultati, dimostrano la responsabilità di Roche nel mettere a disposizione dei pazienti nuove opzioni di trattamento e ci incoraggiano a mantenere viva la nostra dedizione in questa area terapeutica”. (MARCO BIONDI)

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