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Vitamina D e insulino-resistenza:‘Liaison dangereuse' da indagare

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori de ‘La Sapienza' università di Roma sembrerebbe suggerire che la carenza di vitamina D avrebbe un ruolo nell'insorgere di diabete, steatosi epatica e sindrome metabolica

Maria Rita Montebelli
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Fondamentale per la salute delle ossa per il ruolo che gioca nel metabolismo del calcio, la vitamina D – o meglio la sua carenza - potrebbe avere delle importanti implicazioni anche in alcune patologie correlate all'insulino resistenza, come sindrome metabolica, diabete di tipo 2 e steatosi epatica. Questo perché la vitamina D è coinvolta anche in diversi processi metabolici e infiammatori, come hanno dimostrato diversi esperimenti condotti su modelli animali di obesità. Questi hanno portato ad ipotizzare che in condizioni di eccesso di calorie, il recettore della vitamina D (Vdr) possa regolare la risposta infiammatoria del tessuto adiposo e l'accumulo ‘sbagliato' di grasso nel fegato. Lo studio sull'uomo. Fino a oggi non erano stati condotti sull'uomo studi sull'argomento, ma i ricercatori dell'università ‘La Sapienza' hanno colmato questa lacuna grazie a quaranta soggetti obesi tra quelli afferenti presso il servizio di endocrinologia del dipartimento di medicina sperimentale, università ‘La Sapienza' di Roma, per eseguire le valutazioni cliniche e di laboratorio che precedono l'intervento di chirurgia bariatrica. “Scopo del nostro studio – spiega la dottoressa Flavia Agata Cimini, ricercatrice e membro Società italiana di diabetologia (Sid) – è stato quello di valutare l'espressione del recettore della vitamina D nel fegato e nel tessuto adiposo di pazienti obesi, e di valutarne la relazione con la presenza di steatosi epatica e di infiammazione nel tessuto adiposo”. I risultati. Tutti i partecipanti sono stati sottoposti a biopsie epatiche ed omentali - l'omento è una specie di ‘panno' formato dal peritoneo che riveste e congiunge tra loro tutti gli organi addominali - durante l'intervento chirurgico, per valutare la presenza e la gravità della steatosi epatica, analizzare il grado di infiammazione del tessuto adiposo e studiare l'espressione del recettore della vitamina D in entrambi i tessuti “I risultati dimostrano – rivela la dottoressa Cimini – che nei soggetti obesi l'espressione del recettore della vitamina D a livello del fegato e del tessuto adiposo viscerale (grasso dell'omento) è strettamente associata alla presenza di steatosi epatica e di infiammazione e disfunzione del tessuto adiposo; questo suggerisce che, in presenza di obesità, l'asse vitamina D/recettore della vitamina D possa prendere parte ai meccanismi che regolano l'accumulo di grasso in vari distretti dell'organismo e rappresentare dunque un importante mediatore di malattia metabolica, oltre che un nuovo possibile bersaglio terapeutico”. "Questo studio – commenta la professoressa Maria Gisella Cavallo dell'università ‘La Sapienza' di Roma, anch'essa membro della Sid – suggerisce che in presenza di obesità il recettore della vitamina D eserciti, nel tessuto adiposo e nel fegato, una funzione di check point metabolico, regolando l'accumulo di grasso e la risposta infiammatoria. I nostri dati pongono quindi le basi per future ricerche volte ad esplorare il ruolo di questo recettore nell'ambito della fisiopatologia e terapia dell'obesità e della steatosi epatica".

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