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Iberdomide: una nuova speranza nel mieloma. E intanto la sopravvivenza continua ad allungarsi

Sara Bringhen

Il mieloma multiplo può contare su tanti farmaci innovativi e molti altri se ne aggiungeranno in futuro. Chi si ammala oggi, può contare su una sopravvivenza di dieci anni, ma le recidive sono molto frequenti. Per questo servono nuovi farmaci

Maria Rita Montebelli
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Il mieloma multiplo è una neoplasia ematologica, la seconda in ordine di frequenza, dopo i linfomi e colpisce prevalentemente soggetti anziani con un'età mediana di insorgenza di poco superiore ai settant'anni. A causa dell'invecchiamento della popolazione, in particolare nei Paesi occidentali, come l'Italia, si assistendo di anno in anno ad un aumento dell'incidenza, ma anche ad un aumento della prevalenza, per una maggior sopravvivenza dei pazienti, legata alla disponibilità di nuove terapie che,molto più efficaci delle precedenti, hanno allungato l'aspettativa di vita. “La sopravvivenza media del mieloma è oggi è intorno ai 7 anni – spiega Sara Bringhen, Unità Mieloma, Divisione di Ematologia, Università di Torino, Azienda-Ospedaliero Universitaria Città della Salute e della Scienza di Torino - ma si stima che chi si ammala oggi di mieloma potrà contare su una sopravvivenza media di 10 anni”.  Come si cura oggi il mieloma e le novità presentate all'ASH. Tra i nuovi farmaci utilizzati per il trattamento del mieloma ci sono gli inibitori del proteasoma di prima e seconda generazione, gli immunomodulanti di prima e di seconda generazione e infine gli anticorpi monoclonali anti- CD38 o anti-SLAMF7.  Queste terapie attualmente a disposizione, vengono somministrate combinate tra di loro. Nei pazienti più giovani, a queste combinazioni di nuovi farmaci si associa sempre il trapianto autologo di midollo che tutt'ora ha un ruolo nel migliorare sia la durata della risposta che la sopravvivenza complessiva. “Purtroppo – riflette la dottoressa Bringhen – il mieloma tende a recidivare in oltre il 90 per cento dei pazienti. Questo perché si instaurano delle resistenze ai farmaci utilizzati e quindi c'è sempre bisogno di nuovi molecole con meccanismi d'azione differenti, che possano superare la resistenza ai farmaci già utilizzati”. All'ASH sono stati presentati alcuni studi, ancora in fase sperimentale, quindi non disponibili nella pratica clinica, sulle CAR-T nel mieloma e sui BITE, che sono delle terapie immunologiche, tendenzialmente dedicate ai pazienti più giovani, perché hanno un profilo di tossicità più importante, ma che hanno dimostrato, in pazienti che hanno già ricevuto 3-5 linee di terapia precedenti, delle durate di risposta intorno all'anno, quindi sicuramente molto promettenti. “Tra i farmaci più facilmente utilizzabili e con un profilo di tossicità migliore – prosegue la dottoressa Bringhen– ci sono gli immunomodulanti di terza generazione, come l'iberdomide, farmaco a somministrazione orale, attualmente in sperimentazione (fase 1-2). Questo farmaco viene testato in multiple combinazioni, con il desametasone, con il daratumab, col carfilzomib, con il bortezomib. I risultati sono molto promettenti, con una percentuale di risposta intorno al 30 per cento, che in questa tipologia di malati, che ha già ricevuto tutte le terapie possibili ed è resistente a tutte le terapie possibili, è un ottimo risultato. Molto importante anche il fatto che questa percentuale di risposta si mantiene identica in tutti i sottogruppi di pazienti, come quelli refrattari o solo recidivati e indipendentemente dalle terapie precedenti ricevute. L'unica tossicità riscontrata è quella ematologica, in particolare la neutropenia, di breve durata, facilmente gestibile, che non si associa ad un aumento di incidenza di infezioni gravi. I prossimi passi di ricerca sull'iberdomide. Sono già in fase di programmazione degli studi più ampi di fase 2 e 3, non solo in recidiva ma anche alla diagnosi si mieloma, in combinazione con i farmaci attualmente a disposizione, quindi sia con gli inibitori del proteasoma, che con  anticorpi monoclonali.(MARIA RITA MONTEBELLI)

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