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Coronavirus, gli esperti e il ribaltone scientifico: può sparire con il caldo e il sole

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Carlo Nicolato
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Le sparate di Trump sulle iniezioni di candeggina e i trattamenti massivi ai raggi ultravioletti per combattere il Coronavirus sono già leggenda da social, ma in realtà nel compiacimento collettivo della facile presa per il culo ci si è in pratica persi il lato più interessante e serio del briefing della Casa Bianca di ieri, e cioè la teoria secondo cui il calore e l' esposizione al sole potrebbero davvero attenuare la virulenza del Covid-19.

Secondo quanto spiegato dal sottosegretario per la scienza e la tecnologia del ministero della Sicurezza interna William Bryan, il virus sopravvive meglio in ambienti chiusi e in condizioni asciutte e perde potenza quando le temperature e l' umidità aumentano, e soprattutto quando viene esposto alla luce solare. Il virus, ha detto Bryan, può sopravvivere fino a 18 ore sulle superfici se la temperatura esterna si aggira tra i 20 e i 23 gradi, l' umidità è pari al 20% e non c' è sole. Ma in piena estate e con un' umidità pari all' 80% resiste sulle superfici soltanto per due minuti. Nel caso delle particelle sospese nell' aria, il virus può sopravvivere anche per 60 minuti, ma se invece c' è il sole sparisce in un minuto e mezzo.

 

 

Studi scientifici - Ovviamente tali osservazioni empiriche non sono frutto del sacco del sottosegretario Bryan - che è ex militare, esperto di energia e di problemi geo-politici, e mai si è arrogato il titolo di virologo. Sono invece il risultato di studi condotti dal National Biodefense Analysis and Countermeasures Center di Fort Detrick a Frederick, nel Maryland, in collaborazione con gli scienziati della Johns Hopkins University. Lo stesso Bryan, finito nel calderone dell' universale dileggio a Trump e di conseguenza maltrattato e screditato insieme al suo superiore, ha affermato di sperare nello studio di cui si è fatto testimone, ma che «sarebbe irresponsabile per noi dire con certezza che l' estate ucciderà totalmente il virus».

D' altronde la National Academies of Sciences, Engineering and Medicine solo qualche giorno fa aveva inviato un rapporto alla Casa Bianca affermando che l' America non dovrebbe fare affidamento sull' estate per fermare il Coronavirus in quanto «non vi sono sufficienti prove». Da noi il ministero della Salute specifica sul suo sito che «non esistono evidenze scientifiche che esporsi al sole, o vivere in Paesi a clima caldo, prevenga l' infezione da nuovo coronavirus», e che «casi di Covid-19 sono stati registrati anche in Paesi con clima caldo». mEppure, come ha detto qualche settimana fa anche l' ormai notissimo virologo Roberto Burioni, «tutti i virus respiratori circolano meno nella bella stagione» e il Covid-19 potrebbe non fare eccezione.

Oltre a quello annunciato da William Bryan, ci sono inoltre altri studi basati su evidenze osservazionali che sostengono che il virus uccida meno per l' appunto a seconda delle latitudini, delle temperature e dell' umidità. A inizio aprile l' Università del Colorado ha evidenziato come vi sia una correlazione tra l' incidenza del Coronavirus e le regioni a una latitudine di 30 gradi o superiore, e come l' epidemia sia meno incisiva in quelle zone del mondo con una temperatura massima superiore a circa 22 gradi. L' Università di Princeton ha invece evidenziato come le variazioni di umidità possano essere importanti quando un virus si diffonde in un solo Paese.

Fra 20 e 30 gradi - Ma gli approfondimenti scientifici che giungono a conclusioni simili sono ormai diversi. In un altro studio condotto dai ricercatori australiani e francesi dei laboratori di epidemiologia Ausvet, si sostiene poi che le temperature fra 20 e 30 gradi centigradi ridurranno l' aggressività del Coronavirus. Tale ricerca è stata pubblicata sul sito di Anteprime medRxiv, lo stesso che un paio di giorni fa ha divulgato uno studio basato su oltre trecento focolai di Covid-19 in Cina, dal quale risulterebbe che la gran parte dei contagi (l' 80%) si sarebbero verificati in ambiente domestico e solo una minima parte all' aria aperta. Studi non ancora approvati o semplicemente "osservazionali", che però suggeriscono che con il caldo e il sole forse sarebbe il caso di uscire dai nostri arresti domiciliari.

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