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Termoscanner, lo studio Usa: imprecisi e inutili, troppe variabili umane. Sono il miglior alleato del Covid?

Tommaso Montesano
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A tutti è capitato e capita ogni giorno. Prima di entrare al ristorante, di accedere ai binari dell'Alta velocità o di varcare l'ingresso del supermercato. Senza il via libera del termoscanner - con il quale gli addetti dell'esercizio commerciale, o del servizio, cui vogliamo accedere misurano la nostra temperatura corporea - non si passa. Del resto la febbre, ci è stato raccontato, è il principale sintomo dell'infezione da Covid-19. Da qui la "pistola" puntata quotidianamente sulle nostre tempie. Peccato che si tratti di uno strumento - e l'esito è tutt' altro che sorprendente - «inaffidabile, impreciso e inefficace». 

 

Così, almeno, l'hanno definito due esperti statunitensi - William Wright della John Hopkins university e Philip Mackowiak dell'università del Maryland - in uno studio di 11 pagine, pubblicato su Oxford Academic, intitolato semplicemente «Perché lo screening della temperatura ai fini del Covid-19 con il termometro a infrarossi senza contatto non funziona». «Le letture ottenute con il termometro a infrarossi senza contatto sono influenzate da numerose variabili umane, ambientali e delle apparecchiature, che possono influenzare la loro accuratezza», mettono nero su bianco Wright e Mackowiak. Al netto del fatto che l'alterazione della temperatura - soprattutto d'estate, magari dopo essere stati esposti al sole una mezz' oretta - di per sé non certifica il contagio da Covid-19, numeri alla mano gli esperti dimostrano come i termoscanner finora abbiano fatto ben poco in termini di prevenzione. Il rapporto cita i dati del Centro per il controllo e la diffusione delle malattie (Cdc) americano, che insieme al dipartimento della Salute ha monitorato quanto accaduto negli aeroporti. 

 

Ebbene, a partire dal 21 aprile 2020 sono stati sottoposti a screening circa 268mila passeggeri. E solo 14 di loro sono poi risultati positivi al virus. «L'unico modo per misurare in modo affidabile la temperatura interna, richiede il cateterismo dell'arteria polmonare, che non è né sicuro né pratico come test di screening», scrive Wright. Lo studio ricorda come vi sia una diversità tra quella che è considerata febbre a livello di "impostazione sanitaria" - 37,8° - e la temperatura che secondo le linee guida certifica l'alterazione - tale da far scattare l'allarme - in un ambiente esterno non sanitario, come ad esempio un aeroporto: 38°. Temperatura da rilevare con i termoscanner, appunto. «Sfortunatamente», rilevano gli esperti, «i programmi di screening della temperatura destinati a identificare le persone sono, nella migliore delle ipotesi, marginalmente efficaci, perché quasi la metà delle persone infette non ha mai sviluppato la febbre». Figurarsi cosa può accadere con strumenti soggetti ad essere influenzati - perché senza contatto corporeo - «da numerose variabili umane e ambientali», comprese «l'età, il sesso del soggetto e i farmaci» assunti (in particolare i farmaci antipiretici). 

Ad esempio: le donne hanno temperature corporee leggermente più alte rispetto agli uomini, così come gli afroamericani rispetto ai caucasici. Poi c'è la differenza dell'ora in cui avviene il rilevamento: tradizionalmente, le temperature mattutine sono più basse rispetto a quelle serali. E non è tutto: il termoscanner risente della capacità umana di emettere calore ed è influenzato pure dal trucco o dalla quantità di sudore emesso dalla persona sottoposta al controllo. Per non parlare della distanza rispetto al sensore e dell'umidità dell'ambiente.

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