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Neuralink, uomo e macchina fusi assieme: la distopia letteraria si è avverata

Francesco Specchia
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Da ragazzino, dal suo abbaino a Pretoria, in Sudafrica, Elon Musk – da degno figlio di un ingegnere elettronico- disegnava il proprio futuro attraverso due miti personali ben radicati nella fantascienza pop. Erano la serie infinita di Star Trek per «giungere là, dove nessun uomo è mai giunto prima» e i romanzi anticipatori sull’«innesto uomo/macchina» di William Gibson. Il piccolo Elon, insomma, veleggiava in un limbo di fantasie letterarie che passavano dalla Space Opera al Cyberpunk. Dei due suddetti cardini del suo immaginario, il “lato Star Trek” ha prodotto la primazia di Musk nei viaggi spaziali, mentre il “lato Gibson” porta oggi alla realizzazione di Telepathy. Ossia del microchip nato dalla sua start up Neuralink di impianti neuronali. Ossia l’«interfaccia cervello-computer» per captare l’attività elettrica del cervello, una vera rivoluzione in campo medico. I comunicati ufficiali parlano dell’obiettivo di Neuralink di captare l’attività elettrica dei neuroni «e di convertire i segnali in comandi per controllare un dispositivo esterno».

Dopo aver provato l’impianto, delle dimensioni di una moneta, inserito nel cervello di un macaco che è riuscito a giocare ai videogiochi solo pensando di farlo, be’, Musk ha astutamente citato il grande sogno del tetraplegico cosmologo e campione della fisica. «Pensate se Stephen Hawking potesse comunicare più velocemente di un dattilografo o di un banditore. Questo è l’obiettivo». Musk, di fatto, ha realizzato la trama di Johnny Mnemonic, suo primo romanzo breve del 1980 in cui un tizio contrabbanda dati trasportandoli entro un impianto cibernetico impiantato nel cervello; solo che la memorizzazione di un’oceanica quantità informazioni criptate può essere scaricata solo da altri in possesso di apposita password.

 

 

 

NEGLI ABISSI DEL WEB

Tra l’altro, la stessa idea e le stesse atmosfere caliginose di futuri oscuri che si muovono negli abissi del Web, si ritrovano anche nel successivo romanzo di Gibson Neuromante (’84); e nel Ciclo della Cultura dello scrittore scozzese Ian M. Banks (’87); e, perfino, in un indimenticato testo dello scienziato-scrittore Michael Crichton, Il terminale uomo (The Terminal Man), pubblicato nel 1972. Lì, il protagonista Harry Benson soffriva di violente convulsioni espresse in atti violenti coperti da momentanee amnesie; e tutto ciò lo rendeva il candidato ideale per l'inserimento del solito minicomputer, provvisto di elettrodi, nel cervello onde controllare gli scatti di violenza attraverso delle scariche elettriche.

La situazione però peggiora e la mente dell’uomo, sopraffatta dalla potenza al silicio del computer, lo spinge a commettere crimini sempre più violenti. Da qui la necessità, invece di prendersi un Tavor, di fare letterariamente impiantare matasse di prese, di fili e di litio di ultima generazione, nella testa dei protagonisti. Il tutto in una prevedibile escalation che porterà senz’altro a «aumentare le capacità cognitive grazie a innesti di silicio oppure, chissà, trapiantare la coscienza di anziani moribondi in giovani corpi di acciaio inossidabile ed eternamente virile. Chissà»; e questo, almeno, è il pensiero un tantino iettatorio della FDA, Food and Drug Administration, l’ente americano che ha tentato, in questi anni, in ogni modo e con ogni mezzo, di ostacolare il Transumanesimo griffato Elon Musk. E qui gli scenari fantascientifici prospettati sono più dalla parte del manga Ghost in The Shell e dei fumetti di Nathan Never della Sergio Bonelli Editore.

 

 

 

SOSTITUTO DI DIO

I detrattori dell’Operazione Telepathy, in queste ore, fanno riaffiorare i soliti interrogativi etici e filosofici. Ovvero: quanto è lecita lo robotizzazione dell’individuo? Far camminare le persone paralizzate, far vedere i ciechi, scambiare i cervelli o trapiantarli in corpi ogni volta diversi, e, alla lunga -molto alla lunga- trasformare tutti quanti in cyborg; be’, tutto questo, si può configurare come un’azione di progresso per l’intera umanità o solo come il tentativo d’un singolo uomo di sostituirsi a Dio? Tra l’altro, Musk sarebbe pure ateo, nonostante la propensione alla preghiera durante i viaggi di andata e ritorno sulla luna dei sui space shuttle carichi di turisti miliardari. Una cosa è certa: ogni distopia letteraria si sta avverando. Anche se la risposta dell’ex ragazzino è sempre la stessa:«Pace e prosperità», accompagnata dal gesto a dita separate del signor Spock... 

 

 

 

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