Dalla Gioconda fino all'Ia: autentiche bufale d'autore

Il capolavoro di Leonardo rubato da Napoleone, l’amante di Botticelli, il Tondo di Brécy: in un saggio le leggende sorte intorno a grandi opere e i loro maestri
di Alberto Frajagiovedì 12 giugno 2025
Dalla Gioconda fino all'Ia: autentiche bufale d'autore
3' di lettura

Di falsi e falsari nell’arte grondano gli annali. Gli uni e gli altri percorrono la storia come un filo rosso, a volte impalpabile, a volte capace di modificare il corso degli eventi. E di dipinti, sculture, tele e monumenti posticci ma soprattutto di certezze infondate se ne parla nel saggio Vero, Falso, Fake” (Giunti, 224 pagine, 20 euro) di Federico Giannini. L’autore affresca un affollato campionario di opere d’arte tarocche ma anche di convinzioni radicatissime ma sbagliate la cui diffusione è cresciuta in modo esponenziale, manco a dirlo, con i social. Cominciamo con la prima e più disarmante delle panzane, quella cioè che fa rifermento alla diffusa convinzione s+econdo la quale in Italia si trovi il 60% dell’arte mondiale.

«Non è mai esistita un’indagine dell’Unesco che si fosse posta l’obiettivo di sondare la distribuzione in termini percentuali del patrimonio artistico mondiale – scrive l’autore -. Si tratta peraltro d’un dato neppure facilmente stimabile, dal momento che “patrimonio culturale, “patrimonio artistico”, “bene culturale”, “bene storico” sono concetti la cui disciplina varia di paese in paese e non esistono cataloghi mondiali dei beni culturali gestiti da un unico soggetto che si sia assegnato la prerogativa di trovare un punto comune tra tutte le varie discipline nazionali».

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Un altro falso storico è quello che fa riferimento al Baldacchino di San Pietro, che secondo la vulgata sarebbe stato realizzato con il bronzo ricavato dal Pantheon. Si tratta di un mito nato in seno alla propaganda di papa Urbano VIII il pontefice che aveva commissionato il monumento a Gian Lorenzo Bernini. “In realtà – svela Giannini - al Baldacchino di San Pietro fu riservata una quantità irrisoria dei bronzi del Pantheon, che non venne neppure utilizzata: il grosso del materiale ricavato dal Pantheon fu adoperato per rinnovare gli armamenti di Castel Sant’Angelo». Della Gioconda di Leonardo finita in mano ai galletti va detto che, almeno stavolta, Napoleone, il più grande razziatore della storia, non ha responsabilità. Non fu lui a portarla a Parigi. Da molti secoli l’opera non è piu in Italia: sappiamo che era in Francia nel 1625, ma con tutta probabilità il suo arrivo è precedente e forse è stato lo stesso da Vinci a recarla con sé Oltralpe e a venderla al re di Francia, Francesco I.

E che dire del Michelangelo di Marcialla? La bufala matura nell’aprile del 2007 a Marcialla, appunto, frazione di Barberino Tavarnelle (Firenze), in Val d’Elsa. Comincia a circolare la notizia che la Pietà affrescata sulla parete della chiesa di Santa Maria nel borgo toscano sia da attribuire al Buonarroti. La suggestione prende corpo a seguito della visita in loco d’uno scultore statunitense, Robert Schoen, presentato da numerose testate come esperto di Michelangelo. Schoen ritiene che in quell’affresco ci sia “l’anima di Michelangelo”. Impossibile. Michelangelo non avrebbe mai potuto dipingere in prima persona quell’opera essendo all’epoca troppo giovane. Uno dei miti decisamente piu longevi, duri a morire in virtù del loro fascino, è quello di Simonetta Vespucci presunta musa di Sandro Botticelli, se non addirittura sua amante. Ebbene, nessuna fonte del tempo parla d’un rapporto tra Simonetta e Sandro Botticelli né, tanto meno, quest’ultimo la menziona come propria ispiratrice o modella del pittore. Come si è giunti allora alla nascita del mito?

«Aby Warburg (storio e critico d’arte tedesco, ndr) volle individuare nelle Stanze di Poliziano la fonte letteraria che avrebbe ispirato Botticelli nella realizzazione della Venere e della Primavera, ritenute immagini di Simonetta scrive Giannini», spiega Giannini. Finiamo con l’ultima topica, presa stavolta dalla tanto osannata Intelligenza Artificiale All’inizio del 2023, molte testate italiane diffondono una notizia che sembra avere dell’incredibile: una lunga disputa attorno all’attribuzione di un’opera data a Raffaello era stata risolta dalla IA, secondo la quale c’erano alte probabilità che il dipinto fosse stato eseguito dal maestro. L’opera in questione era il Tondo de Brécy, una copia antica della Madonna Sistina di Raffaello, sottoposta ad analisi dai ricercatori di due università inglesi, quella di Nottingham e quella di Bradford. La BBC si spinge a titolare che il dipinto è «probabilmente un capolavoro di Raffaello». Dove sta la topica? L’Ia ha rilevato somiglianze poiché trattasi, appunto, di una copia sebbene di una qualità nettamente più modesta rispetto all’originale, tant’è che l’opera non è mai stata attribuita al genio urbinate.

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