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Se la Ue in crisi di identità mette a dieta l'intero continente

Pietro Senaldi
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Buon appetito, italiani. Da ieri l’Unione Europea ci consente di mangiare grilli e da domani vermi. Non è uno scherzo, sono gusti. Partigiana dell’inclusività ma incapace di far crollare le barriere culturali, Bruxelles, dove ogni comunità vive rigorosamente separata dall’altra, abbatte quelle alimentari. La beffa è che non possiamo neppure berci sopra. I colleghi del sindacalista cigiellino Panzeri e della socialista greca Kaili hanno infatti deciso che il vino fa male fin dal primo bicchiere e lo scriveranno sulle bottiglie, corredandole con foto raccapriccianti. Il piano è ridurne il consumo almeno del 10% in un paio d’anni, alla salute dei produttori italiani e francesi.

 


Il nostro ministro dell’Agricoltura e della Sovranità Alimentare, Francesco Lollobrigida, tuona e parla di attacco alla nostra cultura e perfino alla cristianità: questi matti avrebbero fermato perfino Gesù impedendogli il miracolo delle nozze di Cana, quando trasformò l’acqua in vino. Difficile dargli torto. L’etichettatura splatter delle bottiglie di rosso e di spumante è infatti un’idea dei Paesi nordici, dove l’alcolismo è una piaga sociale, specie tra i giovani, ma anche dove non ci si ubriaca con il vino, che lassù ha costi proibitivi. In altre parole, la battaglia a Bacco risponde a un problema che hanno altri ma la cui soluzione verrà messa in conto all’Italia, oltre che a Francia e Spagna, le quali infatti strepitano quanto noi. Questo scontro tra insetti commestibili e Lambrusco trattato alla stregua di un veleno mette in tavola quello che è il vero dramma dell’Unione Europea. L’alleanza ha fallito la propria missione di realizzare un’istituzione compatta, in grado di pesare sullo scacchiere internazionale come una grande potenza politica.

 

Per darsi un senso, la Ue è stata costretta a coltivare l’ossessione di imporre un codice comune alla vita dei suoi sudditi-cittadini, incurante delle diversità degli Stati che la compongono. Il risultato è un perenne scontro di interessi interni, risolto inevitabilmente grazie alla legge del più forte e che, a ogni passaggio, comporta un indebolimento della struttura e un aumento della sfiducia delle persone. Emblematica, a riguardo, è la vicenda del costante aumento dei tassi che la Banca Centrale Europea sta attuando per fronteggiare un’inflazione che ha provocato, prima iniettando denaro nel sistema come se non ci fosse un domani, poi speculando contro gli Stati che si sono indebitati per salvare il sistema del credito che rischiava il fallimento. Bruxelles oscilla tra atteggiamenti monetaristici-speculativi e forzature ideologiche-globaliste, incurante dei danni che questa altalena provoca alle economie locali e alle identità culturali delle nazioni.

Certo, siamo tutti europeisti, nessuno ormai può fare a meno di esserlo; perché la moneta unica è un ombrello che protegge le deboli strutture produttive di ormai tutti gli Stati e perché l’Unione, tra bazooka, Pnrr e quant’altro ci ha riempito e continua a riempirci le casse, che poi puntualmente svuotiamo in maniera per lo più dissennata. Ma non si può non rimarcare come, andando per grilli e per vitigni e continuando a marinare le tematiche più importanti, da una difesa comune che ci consenta di sederci ai tavoli che contano a un unico sistema fiscale che eviti concorrenze fratricide, la Ue condanni gli Stati che ne fanno parte a una marginalità politica che già si sta traducendo in una decadenza economica. Oggi mangiamo insetti per sentirci moderni, aperti e inclusivi. Avanti di questo passo saremmo costretti a farlo per sfamarci. Speriamo che quando arriverà il vicino momento ci sarà rimasto un po’ di alcol per consolarci. 

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