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Coronavirus, Francesco Le Foche: "Questo è l'unico modo per uscire dalla pandemia", misure estreme

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In Europa si teme la terza ondata, alimentata dalla variante Delta. "Abbiamo tutte le armi per evitarla e non c'è ragione di non utilizzarle. È come avere a disposizione un'autostrada per uscire fuori dalla pandemia e decidere di non imboccarla. Non è comprensibile l'atteggiamento di chi vorrebbe rinunciare alla seconda dose che protegge completamente dal ceppo mutante. Dopo aver ultimato il ciclo, il rischio di contagio diventa trascurabile e se anche un individuo si infettasse svilupperebbe una malattia molto lieve", ammonisce l'immunologo Francesco Le Foche. "È un problema culturale, di ostilità ai vaccini, in particolare a questi circondati da una coltre di fake news che ne compromette la fortuna. Una quota di persone avranno ostacoli pratici nel prendere appuntamento, poi ci sono paure immotivate. Credo che le uniche figure in grado di convincere gli esitanti siano i che medici di famiglia. Mi auguro stiano chiamando i loro pazienti per spiegare il vantaggio della vaccinazione", spiega in una intervista al Corriere della Sera.

 

 

"Se una fetta di popolazione si dimostrasse definitivamente contraria a vaccinarsi, resterebbe un serbatoio di contagi aperto e tante persone nei prossimi 3-4 mesi rischierebbero di finire in ospedale per aver rifiutato un vaccino necessario non solo a noi stessi ma all'intera comunità. C'è il diritto alla salute e il dovere morale di proteggere quella altrui. Ma non temo una nuova ondata. Mi fanno più paura i pregiudizi nei confronti della scienza. Se si raggiungesse l'immunità che io chiamo solidale, di comunità, a settembre-ottobre saremmo fuori dal pericolo. È però necessario che la stessa copertura venga ottenuta in Europa e nei Paesi non industrializzati. La presenza di milioni di non vaccinati favorirebbe infatti la circolazione del coronavirus e la nascita di nuove varianti che costringerebbero a rinviare la definitiva uscita dall'emergenza", avverte.

 

 

 

 

"L'esperienza sul campo ci dirà che la durata dell'immunità va ben oltre i dodici mesi. La memoria immunitaria è un meccanismo ben noto e non c'è motivo per ritenere che non debba entrare in gioco anche per questo virus. Il problema è che non lo conosciamo bene il e occorre prudenza nel dare per scontate certe acquisizioni. Il richiamo è comunque indispensabile perché rafforza la protezione. Non bisogna confondere la risposta anticorpale con l'immunità". E sugli adolescenti spiega che vaccinarli conta perché, "togliamo il serbatoio di replicazione del virus e riduciamo il rischio di contagio delle persone fragili, ad esempio quei circa 2,5 milioni di ultrasessantenni. Abbiamo inoltre opportunità di far tornare a scuola i ragazzi con una buona immunizzazione, migliorando la sicurezza del trasporto pubblico".

 

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