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Ictus e paralisi, la nuova cura rivoluzionaria: "Corrente nel cranio"

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In Italia è la terza causa di morte, dopo le malattie oncologiche e quelle cardiovascolari. Ora, per i pazienti colpiti da ictus, si apre una nuova strada che aiuterebbe a recuperare l'uso dell'arto paralizzato e a ridurre la disabilità associata all'evento cerebrovascolare grazie ad un certosino lavoro dei ricercatori. Pubblicato sulla rivista Stroke, lo studio su modelli animali di ictus ischemico si deve, infatti, alla collaborazione tra il team del Professor Claudio Grassi (direttore Dipartimento di Neuroscienze dell'Università Cattolica Campus di Roma), con il gruppo del Professor Paolo M. Rossini (direttore del Dipartimento di Neuroscienze e Scienze della Riabilitazione dell'IRCCS San Raffaele). Un lavoro possibile anche grazie al contributo di giovani ricercatrici e ricercatori, in particolare le due prime autrici, Saviana Barbati e Valentina Longo ed i bioingegneri Fabrizio Vecchio e Francesca Miraglia.

 

 

 

 

In pratica, una piccola corrente indolore applicata sul capo mediante un dispositivo non invasivo è in grado di raggiungere, attraverso il cranio, le strutture cerebrali sottostanti e di modificarne l'eccitabilità. Sottoponendo i pazienti a sedute di 20 minuti per tre giorni consecutivi nella fase sub-acuta (ovvero tre giorni dopo l'evento) si ottengono segni visibili di "riparazione". «Lo studio evidenzia le basi molecolari di tale recupero e gli effetti indotti dalla stimolazione sulla connettività cerebrale», osserva il professor Grassi. «L'ictus», ricorda il professor Rossini, «è una lesione acuta del cervello legata a un problema vascolare o di tipo ischemico o emorragico e rappresenta la prima causa di disabilità permanente in tutti i Paesi più avanzati. L'ictus ischemico, che rappresenta l'80% di tutti gli ictus, si verifica quando un'arteria che irrora l'encefalo viene improvvisamente ostruita e quindi, nel corso dei minuti/ore successivi, portando alla morte delle cellule nervose da essa nutrite».

 

 

 

 

Ogni anno in Italia sono 200mila i ricoveri da ictus cerebrale. Solo il 25% dei pazienti guarisce completamente, il 75% sopravvive con una qualche forma di disabilità, e di questi la metà è portatore di un deficit che fa perdere l'autosufficienza a vita. Più frequente dopo i 55 anni, tra i sintomi prevalenti ci sono la perdita di controllo del movimento in una metà del corpo, un disturbo del linguaggio, un deficit dell'equilibrio, un disturbo della visione. «Negli ultimi anni», rileva il professor Rossini, «numerosi studi sperimentali hanno dimostrato che affiancando alle procedure di riabilitazione neuromotoria standard stimolazioni elettriche o magnetiche delle aree cerebrali interessate dall'ictus si ottengono risultati migliori ed in tempi più rapidi. Di qui l'idea di studiare i meccanismi alla base di questo potenziamento della riabilitazione offerto dalla stimolazione non invasiva del cervello, come appunto quella a corrente diretta esaminata in questo lavoro».

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