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Covid, Carlo Signorelli smonta l'allarmismo: "Assurdo, come stanno le cose"

Claudia Osmetti
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Le nuove varianti, i contagi che tornano a salire (anche se, signori, parliamo di 21.309 casi a settimana: sono aumentati, è vero, del 44% rispetto a sette giorni fa, ma sono anche ben lontani da quei mesi, quei mesi là del 2020 ode 2021, in cui ne contavamo 100mila e al dì), il bollettino che rifà capolino nei notiziari e in tivù. Cosa sta succedendo? Covid, maledetto Covid: che pensavamo di averlo lasciato alle spalle, di aver chiuso (e definitivamente) con la fase emergenziale, e invece rieccolo lì, che fa capolino. Di nuovo, ancora. «Quello che abbiamo visto anche in passato è che nelle settimane post-rientro dalle ferie, che non erano necessariamente solo quelle estive, per Natale o Pasqua valeva lo stesso, la curva si è sempre alzata», dice, però, Carlo Signorelli, che è un professore di igiene, medicina preventiva e sanità pubblica all’università Vita-Salute del San Raffaele di Milano: è uno, insomma, che con venticinque anni di esperienza didattica sulle spalle (e mica solo in Italia), più di 1.200 pubblicazioni scientifiche e giornalistiche e un curriculum talmente fitto che, a leggerlo, quasi ti perdi tra le pagine, la sa lunga.

Dottor Signorelli, ma allora c’è da preoccuparsi?
«L’allarmismo, in questa fase, non ha senso. Ricordiamoci, per altro, che ancora oggi, per le caratteristiche che ha quest’infezione, almeno una metà dei casi, ma forse anche di più, non viene diagnosticata».

Scusi, cosa vuol dire?
«Che questi numeri che leggiamo oggi potrebbero tranquillamente essere ascritti a un aumento di test e di diagnosi. E non a un aumento reale delle infezioni».

Chiarissimo. Allora nessuna preoccupazione?
«Nessuna preoccupazione. Però abbiamo sempre detto che dobbiamo continuare a fare la sorveglianza, e questo è un altro punto che dobbiamo tenere a mente. Nel giro di due o tre settimane capiremo se questo movimento è un movimento post-ferie o se, effettivamente, c’è un aumento della circolazione rispetto ai mesi estivi e precedenti alle vacanze. Questa cosa però, al momento, non la possiamo dire».

Ho capito. Tuttavia già adesso c’è chi invoca o si auspica un aumento delle restrizioni, sulla falsa riga di quello che è avvenuto negli anni scorsi. È prematuro?
«Chi sostiene questo parla senza elementi che possano giustificare queste misure.
Certo, ci sono delle eccezioni».

Quali?
«Le cautele che devono riguardare i soggetti fragili.
Ma queste valgono sempre, in qualunque momento e non solo per il Covid».

Vero. Tra un mese parte la nuova campagna vaccinale. Come sarà?
«Questo è un altro elemento. Siamo alla vigilia, a ottobre ricomincia. Abbiamo visto la registrazione di un vaccino che contiene la protezione nei confronti della variante e dovrebbe essere usata da tutti i soggetti a rischio di forme gravi».

Però va sempre nell’ottica di una simil forma influenzale. Voglio dire, anche per l’influenza c’è la campagna vaccinale ed è dedicata in particolare modo ai fragili. È corretto?
«Più o meno i gruppi corrispondono, tanto è vero che il ministero della Sanità dice, laddove sia possibile, di somministrare assieme i due vaccini. Anche se una differenza c’è».

In che senso?
«L’influenza arriva a dicembre. Per il Covid abbiamo visto che la circolazione non segue le stagioni. Si tratta sempre di una malattia a trasmissione respiratoria, le categorie a rischio sono le stesse, ma qui abbiamo una circolazione che non è più di tanto influenzata dalla stagionalità».


Senta, c’è anche un altro dato che vediamo tutti: le terapie intensive non sono più piene, gli ospedali non sono al collasso, lo scenario, rispetto al 2020, non è nemmeno paragonabile...
«La fermo. È così. Il Covid oggi è una malattia più gestibile di qualche anno fa. Anzi, lo è anche più di altre patologie».

Prego?
«Pensi al West-Nile virus che pure abbiamo. È molto più insidioso. Non si combatte con l’isolamento, basta una zanzara. Non esiste neanche un vaccino specifico».

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