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Emilio Fede, tentata estorsione a Mediaset: "Arruolò dei pregiudicati per vendicarsi"

Andrea Tempestini
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Dalle carte del (probabile) processo ad Emilio Fede per tentata estorsione a Mediaset esce un ritratto del direttore furente, rabbioso e pronto a tutto. I dettagli emergono dopo la richiesta di rinvio a giudizio dell'ex direttore del Tg4, del suo ex personal trainer e di due complici, e sono impressi nero su bianco nelle carte dell'accusa. Secondo quanto si può leggere, Fede non avrebbe esitato a rivolgersi a pregiudicati pur di compiere la sua vendetta per quello che ha ritenuto un licenziamento ingiusto. I tentativi di vendetta, come è noto, iniziarono con fotomontaggi scabrosi che riguardavano il capo della comunicazione di Mediaset, Maurizio Crippa. Tentativi che però fallirono. La furia - Ma è nel momento in cui, nel luglio scorso, il personal trainer di Fede, Gaetano Ferri, consegna ai carabinieri alcune registrazioni effettuate a insaputa del direttore che il direttore stesso perde la testa. E si rivolge direttamente a un gruppo di pregiudicati. Le carte spiegano che per attuare la sua vendetta contatta "Gianluca Preite, esperto informatico coinvolto in alcune indagini di particolare delicatezza". Secondo gli investigatori "Preite convince in modo esplicito Fede (che accoglie l'invito entusiasticamente), della necessità di infliggere una severa lezione corporale (a Ferri, ndr). L'amico di Fede, dunque, "indica la necessità che a occuparsi di tale operazione sia Francesco Schito", e questo Francesco - ha scoperto la Polizia giudiziaria - "ha precedenti per armi e droga, ed è agli arresti domiciliari". I contatti - L'ex direttore del Tg4 entra poi effettivamente in contatto con Francesco Schito, che al telefono afferma: "Sono Francesco signor Emilio, l'amico di Gianluca. Mi hanno esposto in maniera molto, molto completa la situazione... Io so già quello che devo fare... ti ho chiamato per dirti stai tranquillo". Il raid punitivo, la "severa punizione corporale", non andò poi in porto. Secondo i poliziotti l'aggressione non avvenne perché "dopo l'8 agosto gli atti preparatori all'agguato subiscono una sorta di rallentamento".

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