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Monica Maggioni da Assad: non trasformiamo il leader siriano in un gentlemen

Andrea Tempestini
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Bashar al Assad ritratto come un rilassato cosmopolita, abitante di una villetta nel centro di Damasco, ospite cortese e in stile british. Tale quadretto lo dobbiamo a Monica Maggioni, che presiede la Rai, ma lo scrive su La Stampa. L'eleganza del carnefice, insomma. Ma mentre gli ospiti restavano estasiati dalle buone maniere di chi ha gasato l'opposizione, il padrone di casa li ha usati per mandare due messaggi: a) qui sono e qui resto; b) avere fatto nascere l'Is è una colpa degli Usa. Assad se ne deve andare. Per le democrazie occidentali è un criminale. Per i russi una zavorra sempre meno sopportabile. Putin ha già fatto sapere che il posto di Assad è liberabile. Ed è qui il colpo politico del distinto dittatore: mi farò da parte, certo, se lo vorranno i siriani, che saranno chiamati a libere elezioni. Non si candideranno e non voteranno i morti, ovvero quelli che lui ha fatto ammazzare. Ma da dove arriva, questo gentiluomo? All'indomani della Prima guerra mondiale il territorio del fu Impero ottomano fu diviso in protettorati. La Siria toccò alla Francia. Furono i francesi a pensare di usare una minoranza religiosa, gli alawiti (quindi sciiti, in un Paese a maggioranza sunnita) come elemento d'equilibrio. Il padre di Bashar, il non compianto Hafez, usò il potere per reprimere tutti gli altri, per mettersi al servizio dell'Urss e per finanziare tutti i gruppi terroristi che agivano contro Israele, a cominciare da Hamas ed Hezbollah, ma non lesinando anche con altri. Ora fanno da spalla agli iraniani, mentre i russi si sono scocciati di vedere le loro armi rivendute senza la loro supervisione. Sentire il concetto di elezioni sulla bocca di cotanto esempio di democrazia, seppure ben vestito, fa uno strano effetto. Fatto è, e veniamo al secondo punto, che il fanatismo sunnita dell'Is lo ha come nemico, sicché noi lo si potrebbe avere, per il minor tempo possibile, come alleato. La guerra è brutta mica solo perché si muore, ma anche perché possono capitare queste cose. Il guaio, però, non è solo quello di avere alleati ributtanti, ma di averne anche di traditori, o sostanziali nemici. Le sole truppe di terra che agiscono veramente contro l'Is sono quelle curde. I siriani non fanno che bombardare i curdi. Allora: sono disposto ad avere un alleato che altrimenti preferirei non avere, ma se quello ammazza gli altri miei alleati conto che la villetta possa saltare per aria, assieme all'abitante. Colpa degli Usa, se c'è l'Is? È colpevole farglielo dire, da sciocchi continuare a ripeterlo. Noi italiani andammo in guerra, in Crimea (1853), contro il sovrano cristiano (lo zar) che voleva sottrarre la terra santa al dominio del califfo ottomano. Lo facemmo a ragione veduta, con Francia e Inghilterra, perché la Russia s'allargava troppo. Colpa di Cavour se poi ce li trovammo contro, nella Prima guerra mondiale? Non diciamole troppo grosse. L'Impero ottomano crollò perché le navi bombardiere non lasciarono tregua, ma anche perché un militare inglese, Lawrence d'Arabia, organizzò la rivolta dal basso, arruolando nomadi e tagliagole arabi. Almeno i film guardiamoli bene. Colpa sua, se poi sorse il radicalismo? In Afghanistan i talebani furono usati per combattere l'Urss, e fu un bene, perché lì cominciò a crollare un impero aggressivo che puntava contro di noi missili nucleari. In Iraq a combattere contro Saddam (il gemello sunnita di Assad) c'erano anche i futuri scannatori dell'Is. Colpa nostra, colpa degli Stati Uniti? Così si sragiona: le guerre peggiori sono quelle che si perdono. La colpa c'è, ma riguarda il dopo. Sia la gestione della pace sia l'avere detto ad Assad che c'era una linea rossa da non superare, altrimenti sarebbe stato cancellato. Lui la superò e non successe nulla, da lì cominciando l'ascesa strategica di Putin. Questa è una colpa, ma non certo quella che si consente al dittatore di rimproverarci. Piuttosto, sono gli Assad a portare l'enorme responsabilità di una porzione del globo che sembra essere culla di fanatici e boia. In Giordania (per citare un solo vicino) le cose vanno diversamente. di Davide Giacalone www.davidegiacalone.it @DavideGiac

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