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Ettore Andenna, la verità del mito di Giochi senza frontiere sulla tv: "Quello show di Fazio è arrogante"

Gino Coala
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L' appuntamento è di primo pomeriggio a ridosso di via Como. Ettore Andenna ci arriva con un suv «poco adatto a Milano, ma indispensabile per fronteggiare gli sterrati del Monferrato». Lo storico conduttore di Giochi senza frontiere sulla Rai e de La Bustarella su Antenna 3 ha lasciato Milano da ormai 30 anni: «Vivo e allevo polli in un borgo di Grazzano Monferrato, una ventina di residenti». Davanti poi ad un caffé shakerato è facile aprire l' album dei ricordi. «Figlio unico», ricorda, «in una famiglia milanese da 13 generazioni. Abitavamo in via Vincenzo Monti, papà Luigi ragioniere e mamma Mary casalinga». Lei ha 72 anni ma in Rai è scomparso dal 1997. È mai andato in depressione? «La mia fortuna è stata proprio quella di non ammalarmi "dentro". È stata dura, soprattutto nel 2004-2005. Vivevamo con i prodotti della nostra campagna. Io e mia moglie ci siamo rimboccati le maniche, non ci siamo mai pianti addosso. So di essere il migliore, mi sono messo in panchina dicendomi che prima o poi qualcosa sarebbe successo. Non è mai successo, a parte qualche ospitata televisiva. Ma la gente non mi ha dimenticato ed è molto meno ignorante di quanto vogliono farla passare. Un paio di esempi? A La prova del cuoco la Isoardi non sta funzionando e la Clerici era ormai arrivata in fondo. Dovevano avere il coraggio di cambiare e basta. Fazio che fa il Rischiatutto è un' arroganza fuori luogo. Rischiatutto è Mike. Già, ma se dico queste cose sono un rompicoglioni. Quelli bravi con qualità e competenze sono poco controllabili, meglio accantonarli». C' è dell' altro? «Non sono un leccaculo. In Rai ci sono entrato nel 1972 portando due fotografie 9x14 e superando i provini davanti a una commissione presieduta da Gino Latilla. Una volta contava la meritocrazia, oggi devi leccare il culo e io non sono capace. Vivo benissimo lo stesso». Senza meritocrazia tutto scende di livello. «Meritocrazia e passione. A Radio Montecarlo sono entrato dopo aver superato un provino con la dizione toscana: ad esaminarmi chiamarono una professoressa d' italiano all' Università di Nizza». Invece oggi? «Nei programmi Rai e Mediaset se va bene impera l' accento romano. La Rai ha 1936 giornalisti, ma perché affida telecronache e commenti a chi si mangia almeno 3 lettere? Il rispetto per la gente lo si misura anche da questo. Ai miei tempi era un dogma. Oggi ci sono 5 produttori che contano tra Rai e Mediaset, realizzano ciò che li fa guadagnare di più, non quello che vorrebbe la gente». Oltre settemila puntate radiotelevisive. Ha sorpassato Pippo Baudo? «Me la gioco con lui e con Magalli. Nei miei anni d' oro a Radio Montecarlo facevo anche 3 o 4 trasmissioni al giorno e in un anno 110 serate di giochi in giro per l' Italia. Ero una macchina da guerra, il mio fisico ha sempre retto. C' era chi sospettava che mi drogassi per avere tanta resistenza e, invece, non ho mai utilizzato prodotti impropri. Ho sempre avuto solo due vizi: il sigaro, senza aspirarlo, e le belle donne. Non a caso Diana (Scapolan, miss Europa e miss Cinema Italia nel 1973, ndr) è mia moglie. Siamo sposati da 39 anni e mi ha dato 4 figli spettacolari». Dal 1986 al 1989 lei ha fatto l' europarlamentare. «Sono stato eletto nel Psdi con 18.200 preferenze. Ho voluto dimostrare che si poteva usare il video per prendersi una poltrona a Bruxelles. Cercavo un partito che mi appoggiasse, venni respinto da Craxi, dalla Dc e dai liberali. Pensavano fosse una cafonata. E invece con spot, giochi e quiz ho centrato il traguardo. E non ha scaldato la poltrona «Sono stato artefice di 71 proposte di legge e della direttiva "Televisione senza frontiere" che ha regolato l' emittenza comunitaria. Sono entrato nella commissione bilancio dove nessuno voleva andare. Su 81 deputati italiani ero uno dei 5 che sapeva una lingua straniera e uno dei 3 che ne parlava due». Perché non ha insistito? «Nel 1989 Enrico Vinci, segretario generale del Parlamento europeo, voleva che mi ricandidassi, ma in contemporanea da Biagio Agnes mi arrivò la proposta di rientrare in Rai. Optai per quello che consideravo il "mio" lavoro. Ma oggi resta uno dei miei due veri rimpianti. Se avessi accettato, sarei sicuramente vicepresidente europeo». L' altro rimpianto? «Non aver dato seguito a un invito di Berlusconi del 1981. Ci incrociammo in un ristorante, disse che voleva incontrarmi. In quel periodo ero direttore generale di Telemontecarlo, facevo La Bustarella, avevo una trasmissione in radio e un sacco di serate, lasciai perdere. Quando lo rividi dopo 16 anni mi disse: «Peccato, l' avrei ricoperta d' oro». Fossi stato un leccaculo, in questi anni "vuoti" una telefonata avrei potuto fargliela...» Il segreto per essere bravi? «Divertirsi. Pochi colleghi ci riescono. Ammiravo Fabrizio Frizzi a L' Eredità, mentre Flavio Insinna sembra che accompagni qualcuno al cimitero. Gabriele Corsi a Reazione a catena è finto, come Enrico Papi. Uno che si diverte, ma che si è standardizzato è Gerry Scotti». Inventa ancora giochi? «Ne ho una scorta folle nel mio computer. Resto il più bravo d' Italia a realizzarli e a condurli, ecco perché mi chiamano ancora per organizzarli nei paesi. I giochi aggregano, divertono e fanno allegria. Molto più di un reality». di Paola Pellai

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