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Storie Italiane, Eleonora Daniele si confessa a Libero: "Dopo la morte di mio fratello, cosa è cambiato"

Gino Coala
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La prostituzione gestita dalla mafia nigeriana a Castel Volturno, i terremotati che da oltre trent' anni vivono in palazzine fatiscenti a Pianura, le piazze della droga a Mestre o a Piacenza, i casi di malasanità e gli appalti della camorra. Sono alcuni dei temi che Eleonora Daniele porta avanti quotidianamente a Storie italiane, il programma di Rai1 che ogni giorno raggiunge il 20% di share, confermandosi uno dei titoli di punta della rete ammiraglia. Leggi anche: Storie italiane, Costanzo e l'elogio di Eleonora Daniele: "Piacciono perché sono vere" Che effetto fa essere la regina degli ascolti del mattino? «Sono molto felice per i risultati ma soprattutto perché è un lavoro di servizio pubblico: raccontiamo parti del Paese senza fermarci in superficie ma cercando sempre di sviluppare i temi, approfondire e cercare una soluzione. Penso ad esempio alle famiglie di Foggia che da vent' anni, in attesa delle case popolari, vivono in container di 26 metri quadrati che dovevano essere una soluzione di passaggio, con tanti bambini che si stanno ammalando. Venerdì abbiamo avuto il confronto in diretta con il presidente della Regione Puglia e il sindaco di Foggia, per invitarli ad assumersi ognuno le proprie responsabilità». In questa stagione il programma dura mezz' ora in più. «Sì, all' inizio durava 25 minuti, siamo cresciuti fino ad arrivare ad un' ora e mezza. Questa è la mia sesta edizione, era nato come spazio di attualità ma lo abbiamo reso qualcosa di più ampio: ora trattiamo temi leggeri, tra talk e faccia a faccia con i volti noti dello spettacolo, ma diamo sempre più voce al paese reale attraverso le inchieste». Il suo modo di trattare le storie ha ricevuto apprezzamenti anche da Costanzo. «Per me è un grande onore, da sempre sono appassionata di tv e lui è un maestro, una persona straordinaria. Mi piace immaginare la tv, ancora di più se pubblica, come un grande sportello di servizio capace di rispondere alle richieste, ai problemi e alle esigenze dei cittadini. Ho la fortuna di avere una bellissima squadra, i miei collaboratori - autori, inviati, filmaker - si appassionano davvero alle storie. Questa è la forza del programma: sentire, ascoltare, condividere». La tv può aiutare a trovare delle soluzioni? «Sicuramente può smuovere le coscienze, nel bene o nel male qualcosa viene fuori. Non dovrebbe essere così, ma quando arrivano le telecamere, e quando restano tanto tempo in un posto, ci sono cambiamenti, è un deterrente. Abbiamo ottenuto diversi risultati». Ad esempio? «Il sequestro di un terreno agricolo nella Terra dei Fuochi, dove abbiamo documentato che una ruspa smuoveva pezzi di amianto. Oppure il caso di Eleonora Gavazzeni, la bambina di 10 anni nata tetraplegica per errori medici eclatanti: abbiamo cominciato ad occuparcene un anno fa, quando nessuno se ne interessava, sollecitando anche le compagnie assicurative. Si è arrivati a una sentenza definitiva che ha fissato il rimborso in oltre 5 milioni di euro che la famiglia ha ottenuto con non poche difficoltà». La storia che le è entrata più nel cuore? «Mi rimangono tutte dentro, ma forse proprio quella di Eleonora. Quando toccano la disabilità io impazzisco. Avendola vissuta in famiglia (il fratello Luigi, scomparso nel 2015, era affetto da autismo, ndr), so che chi ha un figlio o un fratello disabile viene abbandonato o comunque si trova ad affrontare le cose da solo. Quando i genitori mi hanno abbracciata per ringraziarmi è stato molto emozionante». E invece la più difficile da trattare? «Quelle che riguardano il femminicidio. Quando ascolto un parente che mi viene a raccontare l' ultimo appuntamento in cui la figlia o la sorella è stata uccisa mi chiedo dove sbagliamo. Oppure quelle sulla violenza in famiglia o sulla mercificazione delle donne: sono storie che mi fanno stare particolarmente male». Molte sono le battaglie portate avanti con la comunità Papa Giovanni XXIII. Qual è il suo rapporto con la fede? «Sicuramente si è rafforzato con la perdita di Luigi, mio fratello. Dopo i fatti traumatici la fede aumenta, perché hai bisogno di qualcosa a cui attaccarti, oppure finisce per sempre». Di suo fratello parlerà anche nel libro che sta scrivendo? «Sì, è molto complesso per me ma ho bisogno di condividere. Scrivere è terapeutico, aiuta a buttare fuori quello che non hai ancora superato. Tante mamme o sorelle potranno ritrovarsi in questo libro, un romanzo dove però ci sarà tutta me stessa. Penso che l' autismo abbia talmente tante sfumature e complessità che il rischio è raccontarlo in superficie, come certi film tipo Rain man. La disabilità ti fa crescere, aumenta la tua forza, la tua spiritualità». Quando trova il tempo di scrivere? «Un po' la sera. Durante il giorno non ci riesco, perché sono in redazione dalle sette di mattina alle sette di sera. Ora ho anche l' impegno con l' Università: dopo la laurea in Scienze della Comunicazione, mi sono iscritta a Psicologia e a fine gennaio avrò il mio primo esame, Pedagogia. È una materia che mi piace molto: ho frequentato le magistrali e ho sempre avuto l' amore per l' insegnamento». Se non fosse diventata una donna di spettacolo, avrebbe fatto l' insegnante? «In realtà mio padre era imprenditore e ad un certo momento sono stata attratta dal mondo delle imprese e del marketing. Ho diverse anime che convivono. Ad esempio, un po' mi dispiace aver abbandonato la strada della recitazione. Ma la conduzione mi diverte molto e poi mi piace studiare e approfondire le cose, trovo emozionante trattare temi di attualità. Mi affascina l' idea di curare un prodotto nei dettagli e nella scrittura». Nel suo futuro cosa vede? «Non sono una grande sognatrice, guardo a quello che sto facendo. Vorrei continuare a sviluppare il format di Storie italiane, nel quale credo molto. Anche se un po' di teatro non mi dispiacerebbe. E forse è arrivato il momento di pensare anche ad un figlio». di Donatella Aragozzini

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