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Paolo Del Debbio a Libero: "Ai Berlusconi ora piace la mia piazza. Populista? Che caz*** me ne frega..."

Giulio Bucchi
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Dopo nove mesi di stop è facile ripresentarsi in campo un po' arrugginiti, non in piena forma e con il braccino da tennista, ed è piuttosto complicato portare a casa il risultato. E invece il giornalista Paolo Del Debbio, ritornato giovedì scorso su Rete 4 in prima serata con il nuovo programma Dritto e rovescio (un format sugli aspetti positivi e quelli meno buoni del Paese), ha fatto il cosiddetto partitone, vincendo il match dell' auditel con un secco 5,2% di share e quasi un milione di spettatori (plaudenti). Leggi anche: "Perché abbiamo fermato Del Debbio per tanti mesi". La verità dal big Mediaset Del Debbio, prevedeva questi numeri?  «In realtà è stato un risultato inaspettato. Mi sarei accontentato di meno, ma gli ascolti mi hanno premiato, a dimostrazione che c' è un pubblico affezionato ai miei programmi». Ora l' obiettivo qual è, superare il diretto concorrente su La7, Piazzapulita?  «A me interessa solo che vada bene il mio programma, non che vadano male gli altri. Se riusciamo a fare ancora più ascolti, meglio. Ma l' obiettivo è consolidare questi numeri. Con la prospettiva di riproporre il format nella prossima stagione». Le è mancata la tv in questi mesi?  «Devo dire che sono stato bene, erano anni che non interrompevo la tv per un periodo così lungo. Ho potuto dedicarmi agli studi e alla scrittura di un libro, L' etica fiscale ed economica di Ezio Vanoni, che uscirà il prossimo mese». Per dirlo con un battuta, non ha temuto di perdere il posto e di ritrovarsi costretto a chiedere lei il reddito di cittadinanza?  «No, perché i vertici dell' azienda, alla chiusura di Quinta colonna, mi hanno assicurato che sarei tornato in tv l' anno dopo. Quanto al reddito di cittadinanza, per come sono fatto io, è l' ultima cosa che chiederei». Si è detto che Quinta Colonna sia stato chiuso perché lei avrebbe favorito la vittoria di Lega e 5Stelle. È andata così?  «Guardi, il 2 febbraio Berlusconi mi ha chiamato per farmi gli auguri di compleanno e mi ha assicurato che non è stato lui a chiedere la chiusura del programma. E infatti anche il figlio Piersilvio ha puntato sul mio rientro con un format nuovo». Ma crede almeno di aver dato una mano, anche involontaria, al successo dei giallo-verdi?  «Credo solo di aver permesso che la gente esprimesse le proprie sofferenze e la propria insoddisfazione. Non sta a me interpretare quelle cose in chiave politica, a me spetta solo far domande e fare emergere le questioni sentite dalle persone». Nella prima puntata di Dritto e rovescio ha avuto come ospiti Salvini e poi agricoltori, disoccupati. È il ritorno del populismo?  «Quella del populismo è diventata una cantilena, un' insopportabile nenia. Io ho sempre fatto tv in questo modo. A me meraviglia, entusiasma, interessa stare a contatto col pubblico, sentire la gente che racconta le proprie storie. Che lo chiamino pure populismo. Feltrianamente direi: che cazzo me ne frega». Rispetto ai suoi precedenti programmi in Dritto e rovescio è la piazza a entrare nello studio e non più viceversa. Dare voce alle piazze urlanti non pagava più?  «Lo pensa il direttore di rete, Sebastiano Lombardi, e può darsi che sia vero. Di certo io ho iniziato a far sentire la voce delle piazze nel lontano 2012, quando Di Maio politicamente non esisteva e Salvini era solo un astro nascente. Del malcontento della gente allora non parlava nessuno: noi abbiamo intuito che c' era qualcosa nella società e l' abbiamo fatto emergere. Non abbiamo inventato nulla, lo abbiamo solo scoperto per primi». Da questo punto di vista, si può dire che Di Maio e Salvini siano "figli" suoi?  «Anagraficamente credo possa esserlo solo Di Maio (sorride, ndr). Politicamente no: le ripeto, io non ho fini politici, mi limito a dare voce alle persone». Nel suo programma ci sono imprenditori che offrono posti di lavoro ai disoccupati. Come ufficio di collocamento Dritto e rovescio funzionerà meglio dei centri per l' impiego?  «Le offerte di lavoro venute fuori durante la prima puntata hanno meravigliato anche me, non erano preparate. E comunque il vantaggio rispetto ai centri per l' impiego è che da noi avviene tutto nella spontaneità, non c' è bisogno di burocrazia». A un anno dalle elezioni mi dica il dritto e il rovescio di questo governo.  «Il dritto sono le cose che Salvini ha fatto e sta facendo e lo è anche il reddito di cittadinanza, una promessa mantenuta. Il rovescio è la questione lavoro: ho perplessità sul decreto dignità e mi preoccupa la mancanza di investimenti». Salvini è il dritto e Di Maio il rovescio dell' esecutivo?  «Fino a un certo punto. Diciamo che si tengono l' uno con l' altro, sono abbastanza a incastro». Hanno rischiato però di separarsi sulla questione Tav.  «Sono convinto che, ora o dopo le Europee, questo governo non cadrà per calcolo politico, ma solo per l' incapacità di trovare accordi». Qualcuno le ha proposto di candidarsi alle Europee?  «No. Finora me lo aveva sempre chiesto Forza Italia e, in occasione dell' elezione del sindaco di Milano, anche la Lega. Ma io preferisco continuare a fare il mio mestiere». Nel futuro di Del Debbio c' è un ruolo da direttore del Tg4 o da direttore di rete? «Macché, io accetto solo la candidatura a cardinale, magari a capo della congregazione del Santo Uffizio dove andrei a caccia di tutti gli eretici del giornalismo e della politica (sorride, ndr). Beninteso, la mia ortodossia sarebbe diversa da quella ebete dell' Ue, dove l' applicazione troppo rigorosa delle norme finisce per coincidere con l' ingiustizia». E il dritto e il rovescio di Paolo Del Debbio quali sono? «Il dritto è che sono sincero in tv così come lo sono nella vita. Il rovescio è che mi annoio facilmente, soprattutto a guardare i talk show. Forse per questo non mi limito a condurre, ma scrivo e studio. Do modo alla gente di raccontarsi e intanto pubblico libri su Sartre. Studiare e sapere non hanno mai offuscato la mia voglia di stare con le persone semplici». di Gianluca Veneziani

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