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Artpop: anche Lady Gaga fa cilecca

Miss Germanotta cambia produttori e sfodera la classica lista di collaboratori vip. Ma per la prima volta non trova la potenziale hit spacca classifiche

Leonardo Filomeno
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Un album per fare tabula rasa. Non delle provocazioni o dell'amore per i suoi little monsters (vedi il significato delle parole di Dope). Ma del fidanzato, del suo manager storico e magari di quella visione del pop alla The Fame che l'ha resa una star planetaria. Queste, probabilmente, le intenzioni di Lady Gaga e dell’atteso Artpop, nei negozi dall'11 novembre e, vivaddio, già in streaming gratuito su iTunes. Salgono ancora le quotazioni del produttore DJ White Shadow, che è onnipresente. Quasi fuori dai giochi il mitico RedOne, non un campione di originalità ma pur sempre quello dei pilastri Poker Face e Bad Romance. E mentre David Guetta e will.i.am fanno il loro cameo nella insipida Fashion, il giovane maghetto della dance Zedd mette il suo zampino su tre brani (come il francese Madeon) ma il segno lo lascia solo nella ruggente Aura, dove è affiancato dal duo israliano Infected Mushroom. Insomma, l'assortimento è vario. Nella produzione, nei testi, che parlano di successo, quattrini, moda e sesso, e nei generi, con parentesi hip-hop, virate leggere nel rock e tanta dance. Come quella di Venus per esempio, che ha dalla sua un refrain accattivante e un bell'arrangiamento ma nessun ingrediente che già non esista nella variegata giungla dell'EDM. Più convincente Aura, che è scatenata, dal sapore incredibilmente orientale, perfetta per un film come Machete Kills, dove tra gli attori c'è pure la nostra Stefani. Le due sorprese sono Artpop e Sexxx Dreams. La title track è un brano electro dance affascinante e di livello, forse il pezzo che segna il distacco più netto dalle sonorità di The Fame e Born This Way. Mentre la seconda canzone rappresenta l'episodio più sfacciatamente madonnaro della carriera di Stefani, vuoi per quel ritornello che ha un po' il mood di classici della Ciccone come Everybody o Into The Groove, vuoi per una sensualità la cui essenza sembra essere il riassunto di un disco come Erotica. Ciò, però, non lo rovina, anzi lo rende maledettamente godibile, orecchiabile. Pure il singolo di lancio, Applause, per quanto madonnaro, resta un signor brano. Invece la radiofonica Do What You Want feat. R Kelly è tanto furba quanto scontata. Piacevole la grinta rock dell'evocativa Manicure. Un po' meno la ripetitività della spinta G.U.Y.. Addirittura soporifera la triade Mary Jane Holland / Fashion / Donatella. E se la martellante Swine con il suo impasto sonoro conferma la natura schizoide già emersa sul palco dell'iTunes Festival. Jewels & Drugs fa pensare sempre più ad un esperimento hip-hop da archiviare senza troppo entusiasmo. Tirando le somme, in Artpop (o Artflop, l'ultima parola spetta al pubblico) c’è senz'altro gran cura dei dettagli, c'è impegno, c'è passione. C'è un esercito dell'EDM che si mette al servizio della cantante. Nonostante ciò, l'arte la si vede solo in copertina. E l'impressione è quella di un disco assolutamente normale, tra citazioni che diminuiscono e personalità e voce che alla fine emergono. Il coraggio di cambiare rotta, insomma, non premia più di tanto, perché sa troppo di sfida al recente passato. Sia chiaro: nessuno si aspettava una fucina di "canzoni per le classifiche” in stile The Fame e/o The Fame Monster. Ma per rendere memorabile un album di "musica leggera" qualche volta basta anche una sola canzone, e poco importa se sia una hit oppure no. Ecco, il guaio è che in Artpop quella canzone non c'è.  

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