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Sanremo, Verro: "Fazio ripetitivo e ansiogeno"

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Fabio Fazio e Luciana Littizzetto

Andrea Tempestini
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Terza serata e terzo flop per il Sanremo di Fabio Fazio. Una kermesse stantia, che non appassiona il pubblico ormai stanco della formula Fabio-Littizzetto, una sorta di riedizione di Che tempo che fa (ingiustificata, poiché proposta dal palco dell'Ariston). Lo share punisce la trasmissione, e ora, a causa dei risultati miseri, la Rai potrebbe essere costretta a restituire parte dell'investimento agli inserzionisti pubblicitari. Un contesto, dunque, che giustifica la tensione dei vertici di Viale Mazzini, che esplode nelle dichiarazioni di Antonio Verro, membro del cda Rai in quota centrodestra, che punta il dito contro il Festival: "Mi accodo agli italiani che quest'anno lo hanno disertato". Fazio nel mirino - Il giudizio del dirigente, che ha parlato a 24 Mattino su Radio 24, è impietoso: "Il Festival ormai lo vedo più per dovere professionale che per piacere. E' lento, monotono, la scenografia ansiogena fa tristezza, l'orchestra è nacosta come a dire che la musica non è più centrale. Poi la scelta delle canzioni, quel ripudiare il termine di canzone popolare e orientarsi su canzoni radical-chic non mi piace. Infatti - chiosa - quando poi arrivano Arbore e Baglioni è il tripudio della buona musica". Verro si dice poi "francamente preoccupato per il calo di ascolti". E, tra le righe, lascia intendere di aver individuato un colpevole: "Non ho nulla contro Fazio, ma ripetere per il secondo anno gli stessi personaggi è sbagliato in radice. La gente vuole novità. Niente Fazio per il terzo anno? Io avrei cambiato anche quest'anno". Paghe folli - La tirata contro mister Che tempo che fa non è finita: "La sua formula è ripetitiva, lo è anche il modo di narrare. Credo che un anno basti", ripete. Verro infierisce poi anche sui maxi-compensi: "Sull'esagerazione dei cachet concordo, in questi momenti di crisi si deve tagliare quel che si può. Purtroppo - aggiunge - questo cda ha rinunciato a una serie di poteri conferiti al presidente, per cui da noi passano in esame solo i contratti oltre i 10 milioni di euro. Quindi non passa quasi più nulla, perché questi artisti hanno contratti e compensi pluriennali che sono sotto i 10 milioni di euro. Certo i compensi dovrebbero essere trasparenti, queste cifre non sono più sostenibili e sopportabili".

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