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Orietta Berti e il dramma Covid del marito Osvaldo Paterlini: il durissimo scontro con i medici

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Usignolo con la grinta di un rapace. «Alzi la mano chi non ha mai canticchiato una sua canzone», mi dice l'attore e scrittore Gabriele Lazzaro, suo fan. Per tutti è l'Usignolo di Cavriago, per molti l'Orietta nazionale, Orietta Berti. Lei è una forza della natura: torna a Sanremo dopo 29 anni, omaggiando la nostra tradizione musicale. «Sì, continuo a non tradire le mie radici. Il bel canto, poi, è da sempre apprezzato in tutto il mondo, non dobbiamo vergognarcene», dice lei, «Canto "Quando ti sei innamorato", una canzone con una linea melodica e un assolo orchestrale che sembra estrapolato da un concerto classico. Il testo parla dell'amore che diventa passione, delle sensazioni che si provano di fronte a chi ci fa battere il cuore».

 



E il cuore batte solo per Osvaldo Paterlini. «Eravamo alla fiera di Montecchio, in Emilia-Romagna. Mi tremava la voce, ero imbarazzata, ma mi piaceva parlargli. Ai tempi, andare con la corriera in queste situazioni era il massimo del divertimento; ci vado ancora adesso, tutti gli anni, a fare un giretto, forse per rivivere quel giorno. Quando il Covid ci ha colpito è stato tremendo. Abbiamo anche litigato, e di brutto, con i medici che volevamo ricoverarlo perché in condizioni più gravi delle mie. Ma noi abbiamo preferito restare a casa, con l'ossigeno e insieme e abbiamo vinto».

 

 



Alla faccia del timido uccellino di Cavriago, più che un usignolo, Orietta mia, faresti tremare la tua amica Iva Zanicchi, l'aquila di Ligonchio, tu sì che hai la grinta di un rapace.

 

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