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Rai, "come comprare una notte di sesso con la moglie del cliente": donne in vendita, il servizio-scandalo

 Italiani fantastici

Gianluca Veneziani
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A Tele-Pd, nuovo nome della Rai di sinistra, sia che si occupino di temi trash sia che provino a volare alto, il risultato è lo stesso: il flop. L'egemonia culturale sarà pure ancora una forma di occupazione di palinsesti e direzioni di rete ma non si traduce più in egemonia sugli ascolti, a conferma del distacco tra la sinistra di potere e il pubblico/popolo. Una fotografia esemplare emerge dalla programmazione di due giorni fa in cui, per scadimento culturale e fallimento di audience, si sono distinti due appuntamenti tv. Il primo si chiama Italiani Fantastici, va in onda da pochi giorni nella fascia post-prandiale su Rai Due, ed è pensato come un programma di esperimenti sociali che si avvale di candid camera per indagare il nuovo carattere degli italiani. Obiettivo ambizioso, ma nella pratica il format, condotto da Alessandro Di Sarno, è una somma di scenette sgangherate e di cattivo gusto. Si presenta come un programma vecchissimo già nel concetto, pur con la pretesa di raccontare gli italiani di domani, e capace solo di sdoganare il trash sul servizio pubblico. L'apice in tal senso è stato raggiunto il 2 giugno quando Italiani Fantastici si è cimentato nell'impresa di approfondire una spinosa questione sulla quale i cittadini si arrovellano: «Vendereste vostra moglie per 100mila euro?».

 

 

TRA TRASH E OSCENO - La puntata era costruita sul tentativo del proprietario cinese di un ristorante di "acquistare" per una notte dì sesso la moglie di un suo cliente. Il copione voleva che la donna (complice dello scherzo) accettasse l'avance del cinese (pure lui complice), mentre il marito ignaro di tutto non si capacitava di come la donna potesse cedere alle lusinghe dell'altro e cercava invano di opporre il suo "no" all'oscena proposta.

Il tono dell'"esperimento" voleva essere divertito, ma l'effetto era di uno squallore immenso, tra la moglie trattata come una merce da acquistare, il ristoratore cinese che si atteggiava a ricco maiale e il marito ridotto a un cornuto inerme. A peggiorare il tutto si aggiungeva uno stuolo di opinionisti di infimo livello che discettavano se fosse giusto o meno darla per 100mila euro e se fosse giusto che il marito accettasse la "vendita" della consorte. Da brividi. Pareva di essere in Arabia Saudita o Afghanistan, dove le donne possono essere vendute per soldi, con l'aggiunta però di un tocco tamarro nostrano. E le femministe del Me Too? Zitte. La migliore risposta arrivava dagli spettatori, che continuavano a bocciare il programma fermo a un 3,3% di share, appena meglio delle due puntate precedenti (al 2,5%), forse perché stavolta a guardarlo si era aggiunto qualche perverso... E anche i commenti sui social erano categorici. «Ma io pago il canone pe sta roba?», scriveva un utente. «È un programma schifoso. Vergognatevi!», sentenziava un'altra. Noi invece chiediamo all'ad Rai Carlo Fuortes, già veltroniano e vicino al ministro della Cultura Franceschini: davvero bisogna andare avanti con questo scempio? Almeno Mediaset fa trash ma riesce a far audience, si pensi a L'Isola dei Famosi o Il Grande Fratello. Se invece bisogna produrre tv spazzatura e nemmeno racimolare ascolti, il senso (culturale e commerciale) qual è?

 

 

Allo stesso Fuortes chiediamo che senso abbia continuare a mandare in onda documentati diretti o narrati dal suo "amico" Walter Veltroni. Come quello del 2 giugno in prima serata su RaiTre, Caro presidente, docu-film diretto da Michele Truglio che intende raccontare il rapporto tra gli italiani e i presidenti della Repubblica attraverso le lettere inviati dai primi ai secondi. Già così il documentario pareva una roba con cui prendersi a bottigliate sui cosiddetti. Se poi ci aggiungevi la soporifera voce narrante di Walter, l'effetto narcolettico era assicurato.

SOPORIFERO - E infatti, a seguire (svegli) il programma restavano solo 348mila spettatori per un misero 2,2% di share, inferiore perfino al programma comico Only Fun condotto da Elettra Lamborghini su Nove (al 2,7%). È l'ennesimo fallimento di un film con Veltroni, dopo la disastrosa performance del suo documentario, Quando c'era Berlinguer (3%, ultimo tra i primi sette canali). E questo senza considerare i flop delle sue fatiche cinematografiche, da I bambini sanno a C'è tempo... Ma allora, se questi sono i risultati, perché, dannazione, insistere? Dite che Veltroni è stato il primo segretario del Pd? E chissenefrega. I telespettatori lo snobbano, e alla grande. Walter ripensi piuttosto a quel suo progetto di andare a fare il volontario in Africa dove forse avrebbe più successo. E la Rai, anziché pensare al balletto delle poltrone - sposta un Orfeo, metti un Di Bella, trasferisci una Sala, ma tienili sempre al comando - a iniziare da Fuortes, provi a imbastire un palinsesto più dignitoso e più rispettoso degli italiani. In cui la qualità dell'offerta si abbini alla quantità degli ascolti. Ma forse stiamo sognando. Megliotenersi i programmi sulle donne in vendita e sorbirsi gli insostenibili pipponi di Walter... 

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